L'inflazione a Padova arriva al 7,7 per cento: è tra le prime dieci province d'Italia

Sopra la media nazionale, la città del Santo si posiziona tra le 10 provincie d’Italia con il costo della vita più alto

Lunedì 26 Giugno 2023 di Marco Miazzo
L'inflazione a Padova arriva al 7,7 per cento: è tra le prime dieci province d'Italia

PADOVA - La città del Santo resta tra le provincie dove l’inflazione si mantiene più alta, piazzandosi tra le prime dieci d’Italia: a dimostrarlo i dati Istat che fotografano un costo della vita alle stelle. Il Settore programmazione controllo e statistica di palazzo Moroni ha inquadrato le rilevazioni Istat per Padova, e i dati del mese di maggio ‘23 relativi all’inflazione certificano una variazione tendenziale (annua) del +7,7%, mentre quella congiunturale (mensile) è pari a +0,6%. Rispetto al livello nazionale, che l’Istat comunica essere del +7,6% sulla variazione tendenziale (annua) e del +0.3% congiunturale (mensile), per il mese di maggio Padova si attesta rispetto ai livelli nazionali di 0,1% sopra alla media annua e del +0,3% su base mensile. 
 

IL CAMBIO
Positivo però che, come nel resto d’Italia, anche nella città del Santo l’inflazione pur rimanendo alta sia in calo rispetto al mese scorso: rispetto ad aprile l’inflazione sia in calo sulla variazione annuale, quando l’Istat l’aveva attestata all’8%, mentre la variazione mensile aumenta di 0,1% rispetto all’anno scorso. Secondo l’Ascom a monte dell’aumento dell’inflazione ci sono le materie prime più care, ma soprattutto la decisione della Bce di alzare i tassi di interesse: «L’aumento determinante è stato l’energia e le materie prime ed energie, che nel nostro comparto cittadino sono centrali- commenta Patrizio Bertin, presidente Ascom Confcommercio Padova-. Chiaramente l’aumento dei tassi di interesse ha pesato molto sulle nostre imprese che avendo bisogno di liquidità fanno riferimento alle banche. La Bce deve capire che l’inflazione non si combatte alzando i tassi di interesse perché così mettiamo in pericolo le imprese, con effetti che si ripercuotono sulle famiglie e i più deboli che devono tagliare i consumi- continua Bertin-, in città ad influire sull’inflazione sono serie di componenti che mettono a dura prova le imprese come affitti e mutui aumentati in maniera sproporzionata, se non si mette fine a questi aumenti un territorio molto fertile come il nostro rischia moltissimo». 
 

LE CONSEGUENZE
Numeri e variazioni che per i padovani si traducono in buste della spesa più leggere, ma a parità di esborso economico: guardando i beni di prima necessità si registra che il pane e i cereali costano un +15% in più rispetto a maggio ‘22 e un 0,6% in più rispetto al mese scorso. Latte, formaggi e uova registrano un +15,9% annuo e +0,7% su aprile, colpisce lo zucchero aumentato del 57,1% su maggio ‘22 e del 0,4% sul mese scorso. Calano invece i carburanti che si sono stabilizzati al ribasso: -5% sull’anno scorso e -3,7% su aprile. In città aumento anche per il trasporto pubblico: +7,9% annuale e +4% mensile, ma anche c’è da attendere l’impatto dell’aumento del 10% dei biglietti e abbonamenti che Busitalia Veneto ha introdotto da giugno. 
L’aumento dell’inflazione in città preoccupa i pubblici esercizi, i primi a notare quando la clientela tira la cinghia. «Ricordiamoci che stiamo parlando di Padova e non di tutta la provincia dove le dinamiche sono un po’ diverse - commenta Filippo Segato diretto di Appe Padova-.

Detto ciò, un’inflazione alta è sconfortante perché vuol dire che a parità di salario il consumatore medio ha minor capacità di spesa». La preoccupazione è che i padovani decidano di risparmiare sulle spese non ritenute essenziali come pranzi al ristorante, vacanze, passatempi e abbigliamento, ma per i pubblici esercizi anche il costo dei beni alimentari è significativo: «L’inflazione per i pubblici esercizi è collegata ai beni alimentari- aggiunge Segato-. Il prezzo di un bene acquistato al bar o ristorante è determinato per il 30% dal costo della materia prima, per un altro 30% dai costi accessori come energia elettrica e affitto e l’altro 30% dal costo del personale. Con l’aumento dell’inflazione vediamo che i primi due componenti sono lievitati mentre il costo del personale è rimasto in linea con gli anni passati, ma solo perché non ci sono stati aumenti salariali. Auspichiamo-conclude Segato-, che venga dati più soldi netti in busta paga ai lavoratori per recuperare capacità di spesa e che diminuiscano i tassi di interessi delle banche». 

Ultimo aggiornamento: 14:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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