Nel mirino il clan calabrese Giardino, infiltrazioni nel Veronese, 43 indagati

Domenica 13 Agosto 2023 di Gianluca Amadori
Nel mirino il clan calabrese Giardino, infiltrazioni nel Veronese, 43 indagati

PADOVA - VICENZAUna nuova inchiesta sulle infiltrazioni e il radicamento della ‘ndrangheta nella provincia di Verona e in quella di Vicenza.  L’ha completata alla fine di giugno la procura distrettuale antimafia di Venezia e, in questi giorni, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato ai 43 indagati, i quali avranno la possibilità di presentare memoria difensive o di farsi interrogare.

L’indagine, coordinata dai pm Lucia D’Alessandro e Stefano Buccini è una prosecuzione della cosiddetta operazione “Taurus” e di altri fascicoli già artrivati a dibattimento, e ruota in particolare attorno alla famiglia Giardino. L’imputazione di associazione per delinquere di stampo mafioso viene contestata ad undici persone e il ruolo di promotori ed organizzatori imputata a Rosario Capicchiano, 48 anni, di Isola di Capo Rizzuto e ad Alfonso Giardino, detto “Gaggia”, 51 anni: il primo strettamente legato al capo riconosciuto, Antonio Giardino “Totareddu”, 54 anni; il secondo considerato il referente del gruppo criminale nell’area di Verona, entrambi già condannati in primo grado in un precedente processo. A loro e ad altri indicati come partecipi, viene contestato di aver fatto parte alla cosca Arena - Nicoscia, operante prevalentemente nella provincia di Crotone, e in particolare ad Isola di Capo Rizzuto, della quale hanno costituito «una “locale” in territorio scaligero, nonché con collegamenti e vincoli nelle province di Crotone, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Brescia e Mantova allo scopo di commettere estorsioni, rapine, sequestro di persona, furti, emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, illecita detenzione di armi, minacce, lesioni, violenze private e truffa».
Il tutto, si legge nel capo d’imputazione, «avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva».

LA PIPE BOMB

I reati contestati a vario titolo agli imputati risalgono al periodo compreso tra il 2006 e il 2020. Tra le vicende ricostruite dagli investigatori vi è quella relativa al rinvenimento a Mestre, nel novembre del 2006, di un ordigno esplosivo, del tipo “pipe bomb”, che la polizia trovò, nel corso di una perquisizione, nell’abitazione di Antonino Foti. Per quel fatto sono ora chiamati in causa Antonio Giardino “Totareddu”, Ottavio Lumastro, 50 anni, di Negrar, Nicola Toffanin, 56 anni, di Occhiobello (attualmente sottoposto a protezione in quanto collaboratore di giustizia) e Attilio Violi, 60 anni, di Reggio Calabria.
La procura ha poi ricostruito una serie di rapine, in particolare quella ai danni del “River Club” di Verona (maggio 2008) e Cassa di risparmio di Firenze (febbraio 2013), nonché quella ai danni di un componente della famiglia Sartor, di Verona (nel 2017) al quale oltre a soldi e cellulare fu sottratta la motocicletta: i responsabili sono stati identificati grazie ad alcune collaborazioni.
Un episodio viene citato dagli inquirenti per dimostrare l’esistenza di un clima mafioso: per indennizzare la famiglia Sartor della rapina subita, Antonio Giardino si sarebbe recato in un bar, armato di pistola, per consegnare una somma di denaro.

SINDACALISTA MINACCIATO

Numerosi gli episodi di estorsione finiti sotto accusa. Il più singolare ed inquietante riguarda un sindacalista, Giammassimo Stizzoli, segretario provinciale della Filaia-Cisal, che nel 2015 fu costretto, a seguito delle minacce ricevute, ad interrompere l’attività sindacale svolta a favore di una cooperativa. Il sindacalista fu pedinato e tenuto sotto controllo con vari appostamenti e infine, nell’ottobre del 2025, fu aggredito da un gruppo di persone travisate. Ora gli investigatori hanno dato un volto e un nome ai materiali esecutori della missione punitiva, contestando una lunga serie di reati anche ai titolari della Vierrecoop, Alberto e Alfredo Frinzi e alla persona che avrebbe fatto da tramite, Luca Vicentini, tutti veronesi.
Gli indagati avranno ora la possibilità di fornire la propria versione sui fatti contestati, prima della richiesta di rinvio a giudizio, attesa per settembre.

Ultimo aggiornamento: 08:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci