Cambio di sesso, la Regione Veneto: «Il Centro di riferimento al Bo»

Mercoledì 8 Marzo 2023 di Angela Pederiva
Cambio di sesso, la Regione Veneto: «Il Centro di riferimento al Bo»

PADOVA -  La legge prescriveva 30 giorni di tempo, in realtà ci sono voluti 30 anni. Ma tant’è: a tre decenni dal varo delle norme venete di attuazione del testo statale “in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”, ieri la giunta Zaia ha approvato all’unanimità la delibera che individua il centro di riferimento regionale per i disturbi dell’identità di genere, incardinandolo nell’Università di Padova. Dunque non sarà più il policlinico privato-convenzionato di Abano Terme, come prevedeva il provvedimento licenziato tra le polemiche alla fine del 2017 (e rimasto però di fatto sulla carta), quando si era consumato lo strappo dell’assessore Elena Donazzan, esponente di Fratelli d’Italia che all’epoca si era opposta in sintonia con alcuni consiglieri della Lega e che invece questa volta si è espressa favorevolmente.

FUORI SACCO
Sarebbe stata lei stessa a rimarcarlo, durante la seduta al Balbi: «Presidente, oggi ti faccio contento, voto a favore anch’io», avrebbe detto la meloniana Donazzan, rivolta al governatore leghista Luca Zaia che aveva appena presentato la delibera “fuori sacco” (cioè al di fuori dell’ordine del giorno stilato dopo la pre-seduta di giovedì), stando ai sussurri di Palazzo. In attesa degli spifferi del Ferro Fini, dove anche recentemente i diritti civili sono stati oggetto di feroce contestazione nell’aula del Consiglio da parte di Fdi, pare che la discussione in Giunta si sia esaurita in un paio di minuti. Giusto il tempo che il presidente Zaia annunciasse il provvedimento, che la relatrice Manuela Lanzarin chiarisse l’indicazione dell’Ateneo come sede della struttura, che l’assessore Roberto Marcato facesse una battuta e che la collega Donazzan appunto annunciasse la sua condivisione.

PRESA IN CARICO
In base alla legge regionale 22 del 1993, al tempo seconda in Italia dopo quella laziale, “il Servizio sanitario regionale fornisce l’assistenza medico-chirurgica complessiva necessaria alla rettificazione di sesso nei casi autorizzati con sentenza del Tribunale”. Entro un mese dall’entrata in vigore della norma, la giunta Dc-Pds-Psi-Verdi avrebbe dovuto individuare “le strutture ospedaliere adeguate” in cui effettuare gli interventi e definire “il corrispettivo delle prestazioni rese ai fini della mobilità sanitaria”, evidentemente immaginando che il centro sarebbe diventato un punto di riferimento anche per i pazienti provenienti da altre regioni, alla ricerca di una presa in carico complessiva da parte di un’équipe composta da psicologi, urologi, internisti, specialisti chirurghi, chirurghi estetici ed esperti di ematochimica. In realtà non se n’era praticamente più saputo nulla fino a cinque anni fa, quando la delibera proposta dall’allora assessore Luca Coletto aveva stanziato 200.000 euro l’anno e aveva identificato la clinica di Abano Terme per l’erogazione di una prestazione che è prevista dai Lea, anche se poi nei fatti quella previsione non si è concretizzata. Ad ogni modo da quel provvedimento, fortemente sostenuto da Zaia, il giorno dopo Donazzan aveva preso le distanze, spiegando di non essersi resa conto del contenuto approvato in rapidità.
CASO POLITICO
Invece questa volta l’assessore all’Istruzione ne era perfettamente consapevole, anche perché sensibilizzata sul tema da Alessandra Gracis, avvocato trevigiano nata uomo ma diventata donna, con cui ha avuto un confronto propiziato (a sorpresa) dall’ex ministro di centrodestra Carlo Giovanardi. «Ho approfondito, ho interiorizzato, ho compatito», confida Donazzan su Facebook, spiegando che a convincerla è stato «il suo accorato appello alla comprensione che non si tratta della banalizzazione della sessualità, nè della tifoseria da stadio del gender fluido, ma si tratta di una dolorosa consapevolezza di sè e dell’altrettanto dolorosa modifica del proprio corpo in via definitiva». Forse intuendo di poter rappresentare un caso politico all’interno del suo partito, la portacolori di Fdi precisa comunque nel post: «Resto ancor più ferma nella mia posizione di contrarietà alla ideologia gender, alle pratiche violente di imposizione di un pensiero unico». 
EMAIL
L’avvocato Gracis plaude alla «decisione epocale» della giunta Zaia. «È solo una coincidenza temporale – rivela – ma lunedì avevo inviato un’email al presidente della Regione, rappresentandogli l’ennesimo caso in Veneto di una persona che ha ottenuto il cambio di identità sui documenti, però non ha ancora potuto sottoporsi all’intervento chirurgico per la mancanza di un centro di riferimento. A quel punto avremmo dovuto presentare un ricorso d’urgenza al Tribunale. Ma per fortuna è arrivata prima l’approvazione della delibera che dà attuazione alla legge».
Angela Pederiva

Ultimo aggiornamento: 17:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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