«Noi del 118, bardati come alieni ma "umani" con i contagiati»

Lunedì 20 Aprile 2020 di Elisa Fais
«Noi del 118, bardati come alieni ma "umani" con i contagiati»
PADOVA - Altre otto persone sono morte a causa del Coronavirus, la conta delle vittime sale a 200. A piangere è la famiglia di Anna Bonafini, soli 34 anni, di Teolo. Se n’è andato a 90 anni, invece, Angelo Dassiè, di Abano Terme, ricoverato all’ospedale di Schiavonia a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni. La casa di riposo di Bovolenta dice addio a Dino Minozzi, 88 anni, originario di Conselve. Ieri non ce l’ha fatta nemmeno un 89enne e un 85enne ospiti del centro per anziani di Monselice. Augusto Zurlo è deceduto al nosocomio di Cittadella. Altre due persone sono morte in Azienda ospedaliera. Cala la pressione sulle terapie intensive e continua a scendere il contagio in provincia di Padova. Ancora una volta, da ormai una decina di giorni, il dato dei nuovi casi è contenuto. Tra sabato e ieri mattina sono stati confermati 34 nuovi contagi. Lo dicono gli ultimi due bollettini di Azienda Zero.
LO SCREENING
A Padova dall’inizio dell’emergenza si sono verificati 3.667 casi di Coronavirus. Si riduce drasticamente il numero di padovani positivi al tampone: sono 2.011, 99 in meno rispetto il precedente report. Aumentano invece i guariti, se ne contano 129 in più tra sabato e ieri mattina. I “negativizzati virologici” nel padovano sono complessivamente 1.458. Si assottiglia nettamente la quota di soggetti in isolamento domiciliare. Sulla base dei dati riportati dagli ultimi due report, ben 502 persone nel giro di 24 ore sono uscite dall’isolamento domiciliare fiduciario. Rimangono ancora in quarantena, perché contatti di casi positivi, in 1.968. Nel dettaglio in Azienda ospedaliera ci sono 63 ricoveri in reparto (+1), altri 14 in terapia intensiva (-3). Altri 32 pazienti “negativizzati virologici” sono ancora in cura nell’ospedale civile in attesa di ripresa. Rimane invariata la situazione al Covid center di Schiavonia con 110 soggetti in area non critica e altri 7 in rianimazione. Tre i negativizzati dal virus, ma comunque degenti nell’ospedale della Bassa. All’ospedale di Cittadella sono sempre due i pazienti in terapia intensiva. Nell’area non critica di Camposampiero è stato accolto un nuovo paziente, in tutto i ricoveri salgono a cinque. Mentre un solo paziente negativizzato è rimasto in carico al nosocomio. Stabili gli 11 positivi e i 6 negativizzati assistiti alla casa di Cura Villa Maria di Padova, come gli 8 positivi e i 4 negativizzati dell’ospedale di comunità di Camposampiero.
L’IMPEGNO
Dal mondo dei volontari della Croce Verde di Padova arriva la testimonianza di Ida, 50 anni, impegnata in prima linea durante quest’emergenza sanitaria. «I nostri servizi erano da sempre gestiti secondo standard consolidati, ma dal 21 febbraio in poi sono crollate tutte le nostre certezze – esordisce Ida, volontaria nelle ambulanze -. Le chiamate della centrale operativa 118 per trasporto di persone sospette Covid-19 ti dà la sensazione che tutti i protocolli appresi in anni di formazione non ti serviranno a nulla. Allora inizi a proteggerti partendo dai guanti, per finire con gli occhiali. Durante il tragitto rifletti su ciò che devi e non devi fare per essere rassicurante, e per non contaminarti. Arrivati a destinazione, zaino in spalla e bombolino di ossigeno, lasci fuori il collega, semmai gli farai sapere dopo se serve il suo aiuto. Mentre fai le scale pensi a chi avrai difronte a te e cosa potrà pensare quando ti vedrà bardato in questo modo. Porta aperta entri, saluti ti avvicini». E da quel momento iniziano una serie di operazioni: dal posizionamento del saturimetro al dito, all’eventuale somministrazione di ossigeno al paziente. «Ricordi di portare un documento, cellulare e un numero di telefono di un familiare – continua Ida -. Poi telefoni alla centrale che ti dà riferimenti sulla destinazione e il codice di rientro. Rientri in sede per la sanificazione del mezzo e dell’attrezzatura, ripercorrendo mentalmente se hai fatto tutto per bene. Non dimenticherò mai una cosa: la paura e l’angoscia delle persone che abbiamo trasportato e che abbiamo lasciato lì, sole. Come non dimenticherò mai la nostra umanità nell’assistere, anche con un solo semplice sguardo, perché sono i nostri occhi che parlano alle persone trasportate, nonostante la nostra paura. Nonostante l’adozione di tutti i dispositivi di protezione individuale che ci fanno sembrare alieni, restiamo umani».
 
Ultimo aggiornamento: 11:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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