Droga, aggressioni, baby gang scatenate: scatta l'emergenza in centro

Lunedì 17 Agosto 2020 di Silvia Moranduzzo
Droga, aggressioni, baby gang scatenate: scatta l'emergenza in centro
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PADOVA - Minaccia con un coltello un 19enne per rubargli il portafoglio. Ha 17 anni, è il 10 agosto. Vende la droga confezionata dall’amico. Anche lui 17 anni, ed è il 6 luglio. Corrono a folle velocità con gli scooter, in branco, rischiando di investire i passanti. Sono tutti minorenni, è la fine di giugno. L’elenco potrebbe continuare. Anche l’altro giorno è stato intercettato dalla polizia un ragazzo di 17 anni che nascondeva 15 grammi di marijuana e 370 euro. Si trovava nel quartiere Forcellini. Con sè aveva anche un bilancino di precisione per preparare le dosi. È stato denunciato al tribunale dei minori.

Sono solo gli ultimi fatti di cronaca che coinvolgono gruppi più o meno grandi di giovani e giovanissimi, italiani e stranieri. Ragazzi che imitano le dinamiche delle baby gang, delinquono con sfrontatezza, senza pensare alle conseguenze. Dal primo gennaio all’inizio di agosto nella città di Padova sono 35 i casi denunciati alle forze dell’ordine per reati come furto, lesioni, rapina, porto d’armi improprie: un ragazzino di 11 anni, due tredicenni, uno di 14 anni (tenendo presente che sotto i 14 anni non sono perseguibili), quattro giovani di 15 anni, dodici sedicenni e quindici diciassettenni. Salvo questi ultimi, quasi tutti di nazionalità tunisina o libica o albanese, gli altri sono italiani. Nella fascia d’età tra i 16 e i 17 anni c’è parità tra maschi e femmine e solitamente i reati sono a danno di coetanei. Sono 33, invece, i giovani denunciati per reati connessi alla droga, denunce che a volte si sovrappongono agli altri reati sopra descritti: un ragazzino di 13 anni, due quattordicenni, tre di 15 anni, altri dieci di 16 anni e diciassette 17enni. In questo caso sono quasi tutti stranieri, con una prevalenza della nazionalità tunisina. Spicca una sola femmina nel gruppo.

«C’è solo un caso che si avvicina ai meccanismi delle baby gang ed è quello del 17enne denunciato il 10 agosto, leader di un gruppo di minorenni che spingeva gli altri a delinquere – spiega il capo della Squadra mobile, Carlo Pagano –. Il fenomeno che maggiormente si riscontra è che i minorenni compiono attività per conto di altri, soprattutto per quanto riguarda lo spaccio, perché un minorenne rischia meno a livello legale». È diffusa anche l’abitudine di fingersi minorenni una volta fermati dalle forze dell’ordine, dichiarando false generalità. «Sarebbe opportuno porre attenzione al tema – continua Pagano –. Quando questi giovani stranieri arrivano sul territorio dovrebbero essere gestiti in maniera diversa. La polizia può solo intraprendere un’azione di repressione e invece bisognerebbe preoccuparsi subito di mantenere questi ragazzi nel mondo della legalità».
AGGRESSIVITÀ
Spesso l’aggressività dei giovani nasce dalla paura. È la dinamica del bullismo che, nei casi più gravi, può sfociare anche nella delinquenza. E va affrontata sul nascere. «I bulli hanno incontri con le forze dell’ordine con più facilità – conferma Mario Polisciano, psicologo che collabora con il Csv di Padova –. La loro aggressività deriva dalla frustrazione, che a sua volta scaturisce dalla paura. Le cause possono essere diverse: un’esperienza traumatica, una situazione familiare violenta. E qui la scuola gioca un ruolo fondamentale perché l’insegnante può segnalare situazioni delicate ai servizi sociali e avviare la procedura per aiutare questi ragazzi». Si può agire singolarmente, prendendo da parte il bullo e facendo un lavoro su di lui, oppure fare un lavoro di gruppo coinvolgendo anche la vittima e gli “spettatori”, cioè coloro che assistono alla violenza. «Su questi ultimi è necessario fare una riflessione – aggiunge Polisciano –. Ci sono “spettatori attivi” che denunciano a insegnanti e genitori il bullo o gli “spettatori passivi”, forse ancora più pericolosi di chi commette bullismo. Sono coloro che riprendono la scena e postano sui social, un’azione ancora più violenta. E un reato. Prendono la questione come un gioco, non riescono a entrare in empatia con la vittima». Se un bullo non viene fermato quando è molto giovane, lo resterà tutta la vita. Ed ecco che si parla, quindi, di mobbing sul posto di lavoro o di delinquenza.
 
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