Donatori di sangue, la raccolta si ferma perchè i medici sono impegnati con il Covid

Domenica 17 Ottobre 2021 di Iris Rocca
Stop alle donazioni, non ci sono abbastanza medici per riceverle

PADOVA - «Non mancano i donatori, mancano i medici». È un appello accorato ed insolito quello del presidente dell’Avis provinciale di Padova, Luca Marcon. In una Regione che ha sempre saputo essere autosufficiente dal punto di vista ematico, anche grazie all’apporto di Avis, che nel caso della provincia di Padova fornisce il 25% di sangue intero, straniscono le parole del presidente. «La carenza di personale medico è arrivata al limite. Da novembre sospenderemo la raccolta di sangue a Conselve e ridurremo a metà quella in via Trasea». 
Tradotto in cifre? «Non potremo più fornire le quasi 2 mila sacche all’anno originate dalla Bassa, e 6 mila delle 12 raccolte in città».

Un totale di quasi 8.000 sacche in meno di sangue ed emoderivati, quasi il 60%. Il risultato? «Andranno in sofferenza in pochi mesi gli ospedali, gli interventi programmati e i malati emotrasfusi». I donatori ci sono, ma le strutture faticano ad accoglierli, proprio ora che le donazioni sono riprese regolarmente, è da cercarsi nel venir meno del ricambio generazionale.


I CONCORSI
Rispetto al pensionamento dei medici nelle strutture trasfusionali, i concorsi aperti da Azienda Zero hanno visto metà dei candidati rispetto ai posti disponibili, lasciando lavorare le strutture molto sotto le loro potenzialità. «Siamo alla ricerca di 4 medici: gli ultimi due pensionamenti ci hanno dato il colpo di grazia – considera senza mezzi termini Marcon – Solitamente dall’esame di specialità di medicina restano fuori diversi dottori, diventati il nostro bacino di fruizione. L’emergenza covid ha aperto le maglie, aprendo a molti più medici. Parallelamente, i centri vaccinali e i punti tamponi hanno assorbito coloro che erano rimasti fuori, in cerca di un primo impiego o di un lavoro transitorio. La collaborazione con Avis non è come dipendenti, ma da professionista in partita iva. Ora rimaniamo con due medici in tutto che ci consentono di tenere aperto solo la sede di Padova in via Trasea a metà delle sue possibilità».


LE CONSEGUENZE
Sono già state cancellate alcune prenotazioni e sembra gli ospedali siano già al massimo delle loro funzionalità per poter assorbire il bacino di avisini presto orfani. «Siamo spesso anticipatori di problemi che dopo poco vediamo ripercuotersi nelle strutture pubbliche, che già hanno le prime avvisaglie. Padova è una delle strutture più grosse d’Italia per trapianti e, se fino ad ora le altre province venete fornivano anche il loro sangue, ora vediamo che anche queste stanno facendo i conti con il problema e per la prima volta il Veneto che forniva sacche alle altre regioni in emergenza, ha dovuto chiederne da fuori».


I PROSSIMI MESI
Le conseguenze si vedranno tra qualche mese, quando le scorte nei freezer termineranno. «Il sangue è un farmaco che serve a pazienti che hanno carenze croniche, oltre che ai grandi interventi – ricorda Marcon - Quelli programmati, dopo lo stop in pandemia, ora sono in recupero. Ma in questa situazione, ai pazienti cronici saranno fatte meno trasfusioni e gli interventi programmati saranno scremati. Una tragedia per la nostra mission associativa». La soluzione? «Si spera che col diminuire di vaccinazioni e tamponi, i medici si mettano a disposizione. Altra ipotesi sarebbe il reintegro dell’immunotrasfusionale tra le specialità come borsa di studio, o che permettessero agli specializzandi di collaborare con l’esterno, tanto più che non abbiamo scopo di lucro. Ma per fare questo cambiamento dovrebbe intervenire il Ministero».


LE CATEGORIE
Il problema sembra essere in procinto di allargarsi anche agli infermieri, soprattutto dopo le sospensioni del personale non vaccinato. Se per l’Avis provinciale trovare 4 medici in pochi giorni è un’impresa impossibile, tanto più che un’eventuale nuova entrata dovrebbe fare la preparazione da trasfusionista, a pagarne le conseguenze più pesanti sarà l’Avis del Conselvano, la più grande tra le esterne, l’unica autonoma con 50 anni di storia. A rinnovare l’appello è il suo presidente, Roberto Beato: «Professionisti in pensione o dottori in fase di formazione: presentate la richiesta per far parte del nostro gruppo. Noi abbiamo i donatori, ma mancate voi».

 

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