Anna, l'esule istriana che ha perso albergo, negozio e casa. La verità in una lettera trovata in soffitta

Venerdì 10 Febbraio 2023 di Angela Pederiva
Anna, l'esule istriana che ha perso albergo, negozio e casa. La verità in una lettera trovata in soffitta

PADOVA - Una vecchia lettera dello zio Giovanni Furlani, ritrovata in un cassetto della soffitta. In quelle due pagine scritte a macchina, probabilmente a metà degli anni 90 per sollecitare (invano) la definizione di una pratica pendente ancora dal 1948, la padovana Anna Maria Strolego ha trovato la spiegazione ai tanti silenzi e alle altrettante sofferenze serbati per decenni dalla sua famiglia: l'emigrazione forzata dall'Istria, la requisizione delle proprietà private, il mancato indennizzo dei beni. «Mia nonna Anna Busecchia è morta 92enne, portando nel cuore la nostalgia per la sua terra e il rimpianto per il suo lavoro», confida l'imprenditrice in occasione del 10 febbraio, il Giorno del ricordo istituito per conservare e rinnovare la memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata.


L'IMPRESA
Nell'album familiare, nonna Anna è ritratta con un lungo abito in posa davanti al mare, ancora giovane e già adulta. «Era rimasta vedova ad appena 26 anni, con lo zio Giovanni di 2 e mia mamma Maria in pancia, ma non si era persa d'animo: aveva un'attività da mandare avanti e con i suoi sacrifici era riuscita a far studiare i suoi due figli, poi diventati entrambi insegnanti», racconta la signora Strolego, da una vita al fianco del marito Beniamino Pettenon nella conduzione della sua azienda Fila Solutions a San Martino di Lupari. L'impresa della nonna materna, nata nel 1894, si trovava invece ad Albona, che oggi si chiama Labin ma fino al 1947 era parte integrante della provincia italiana di Pola. Si trattava dell'albergo e della trattoria "Giardinetto", «noti per la pulizia e per l'ottima cucina casalinga» come si legge nelle carte ritrovate, con annesso negozio di sali, tabacchi, francobolli e cancelleria.
La missiva scovata dopo la morte del signor Furlani, e indirizzata al ministero del Tesoro per reclamare il ristoro dell'avviamento commerciale perduto, descrive il tempo lontano in cui la struttura ricettiva era frequentata da rappresentanti di commercio, impiegati e tecnici delle miniere di carbone e delle cave di bauxite, operai delle costruzioni, funzionari della questura: «Il costo per notte (calmierato) era di lire sei per le camere singole e di lire dodici per quelle a due letti.

Il costo medio di un pasto comprendente un primo di minestra, riso o pastasciutta, un secondo di carne o pesce con due contorni, ¼ di vino, un frutto, pane e coperto costava dalle sei alle sette lire. Si servivano in media una cinquantina di pasti giornalieri». Ma andava bene anche la rivendita su licenza del Monopolio: «Venivano prelevati settimanalmente una media di lire settemila di tabacchi nazionali ed esteri ai quali dobbiamo aggiungere i redditi derivati dalla vendita degli oggetti di cartoleria (materiale scolastico, cartoline e articoli per corrispondenze)».


LA CONFISCA
La signora Strolego lascia che a parlare sia il documento firmato dallo zio Giovanni: «Dopo l'8 settembre 1943 la situazione mutò radicalmente in peggio: le truppe tedesche occuparono militarmente ed amministrativamente i territori della Venezia Giulia dando inizio a rastrellamenti, combattimenti e deportazioni. Ebbero inizio le persecuzioni slave contro la popolazione di origine italiana con infoibamenti, sparizione di persone, esecuzioni sommarie allo scopo di intimorire l'elemento di sentimenti italiani affinché abbandonassero il territorio. La situazione peggiorò ulteriormente dopo il maggio 1945, quando la maggior parte del territorio passò sotto la dominazione jugoslava. Ma ormai questa è storia». Aggiunge la padovana: «Una storia che ha segnato pesantemente anche la famiglia di mio padre. Mio nonno paterno Giuseppe Strolego venne inizialmente imprigionato, tanto che per qualche tempo proprio dal "Giardinetto" gli arrivava qualche pasto, dopodiché morì in una foiba». Riprende la lettera: «Aumentarono le condanne a morte, gli espropri e le persecuzioni. Alla madre del sottoscritto, per permetterle di lasciare il paese e raggiungere l'Italia, le requisirono l'albergo-trattoria (mobilio, materassi, biancherie, tutta l'attrezzatura per la conduzione di dette attività, nonché il mobilio della rivendita generi di Monopolio), facendo figurare i passaggi di proprietà come donazioni o regolari compravendite».
Così nel 1947 Anna, insieme ai figli Giovanni e Maria e al resto della famiglia, divenne esule in Italia, senza mai ricevere alcun risarcimento per quella confisca. «Anni dopo arrivarono solo 7 milioni di lire per i cosiddetti "danni di guerra" specifica la nipote ma niente a che vedere con il valore delle attività e degli immobili. C'era infatti anche parte di un palazzo che la nonna era riuscita a comprare, con l'idea di trasferire la locanda in una posizione con vista sul mare. Un sogno rimasto sulla carta, così come i solleciti dello zio alle autorità italiane. L'edificio del "Giardinetto" è stato distrutto, l'altro palazzo è abitato da gente rispetto a cui non possiamo accampare alcun diritto. Tutte informazioni che ho appreso nel tempo e con fatica: il dolore era così grande che in famiglia nessuno ne voleva più parlare. Mio papà è stato il primo a tornare in quella terra, dopo vent'anni e di nascosto, ancora con paura. Al suo ritorno, ci ha portato un mazzolino di ginestre. Solo allora nonna Anna ha capito dov'era andato: quello era il profumo dell'Istria».

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