Guardia giurata killer, la madre chiusa nel suo dolore a Belluno protetta dai vicini: «Siamo sconvolti»

Venerdì 17 Settembre 2021 di Davide Piol
Marco Turrin e Alessandra Zorzin

BELLUNO - Cortile deserto, tapparelle abbassate e un silenzio assordante. Sembra una casa abbandonata, quella al civico 3 di via Pancera Besarel, a Belluno, nella zona di Nogarè. Al primo piano invece abita Carmen Docci, la madre della guardia giurata Marco Turrin, di 39 anni, che si è tolto la vita dopo aver ucciso con un colpo di pistola la 21enne Alessandra Zorzin a Montecchio Maggiore (Vicenza).

Un omicidio suicidio che si è consumato mercoledì 15 settembre nel Vicentino e che ha sconvolto l’Italia intera. Un dolore che si allarga anche a Belluno, dove i vicini della donna hanno appreso, increduli di quanto è accaduto. Turrin viene descritto da tutti come un bravo ragazzo. 

LA CASA
Alle 15 del pomeriggio, nella casa a Belluno, non c’è nessuno. Solo un gatto nero appollaiato su una sedia vicino alla porta d’ingresso. All’improvviso arriva un’auto e scende un uomo: «Carmen? Al momento non è qui». Poi se ne va. L’unico a parlare è il padre Adriano, che chiede perdono, chiuso nella sua casa di Vigodarzere (Padova) insieme alla figlia Milena. «Siamo distrutti – dice – chiedo perdono alla famiglia della vittima». A casa della madre, invece, tutto tace (anche se è probabile che Carmen abbia raggiunto il suo ex marito nel Padovano). I vicini la conoscono, indicano la casa, ma ammettono di non sapere altro. «La vedo passare ogni tanto – racconta una signora che abita lì vicino – ma non sapevo fosse la madre di Marco Turrin. Sono sconvolta. Sono notizie che non vorresti mai sentire». Verso sera sono due le macchine parcheggiate nel cortile ma il campanello suona a vuoto. 

IL DELITTO
Marco Turrin raggiunge la 21enne mercoledì, all’ora di pranzo, in un’abitazione di Contra Viale a Valdimolino, frazione di Montecchio Maggiore (Vicenza). I vicini l’hanno visto entrare in quella casa più volte. Ma quel giorno, all’apice di una discussione, Alessandra Zorzin viene centrata con un colpo di pistola in pieno volto. Sono sempre i vicini a sentire un litigio tra i due e poi un rumore secco come di uno sparo. Nel silenzio che ne segue lui sale in auto, mentre i testimoni della scena raggiungono l’abitazione della ragazza per suonare il campanello ma non risponde nessuno. Così chiamano il marito di Alessandra, lui arriva e la trova senza vita in un lago di sangue. In quel momento scatta la folle fuga di Turrin, che da Montecchio sconfina nel Veronese, poi in Emilia Romagna. I carabinieri fanno scattare immediatamente la caccia all’uomo. In serata due pattuglie lo individuano a Creazzo, quindi al casello di Vicenza ovest. Sentendosi braccato, Turrin prende la stessa pistola usata qualche ora prima per uccidere la 21enne e la usa contro di sé. Non è chiaro, al momento, il movente dell’omicidio della ragazza.

IL PRECEDENTE
Il 39enne aveva il porto d’armi per motivi professionali. Lavorava infatti come guardia giurata e qualche anno prima, mentre era in auto con la fidanzata, aveva fatto partire un colpo per sbaglio. Era il novembre del 2005 quando l’allora 23enne di Vigodarzere (Padova), che all’epoca lavorava per la società Padova Controlli, rimase ferito in un incidente dai contorni oscuri e mai chiariti. Era in auto con la fidanzata, in una zona appartata di Albignasego, paese della cintura urbana del capoluogo Euganeo, quando dalla sua pistola di servizio partì un colpo. Il proiettile esploso gli prese di striscio la gamba e forò la carrozzeria perdendosi infine all’esterno. Lui uscì urlando dall’auto, mentre lei telefonò ai soccorsi. Dopo l’esperienza alla Padova controlli, terminata con il licenziamento, Turrin trovò nuovamente impiego sempre per una società di vigilanza, la Civis, che si occupa di controlli anche nel Vicentino, dove forse Marco ha conosciuto Alessandra. A distanza di 16 anni da quell’episodio, troviamo di nuovo Turrin, una donna e una pistola, ma questa volta la giornata finisce in tragedia.
 

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