Marito-padrone perseguita la moglie: arrestato dai carabinieri

Lunedì 24 Dicembre 2018
Marito-padrone perseguita la moglie: arrestato dai carabinieri
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LIMANA/MEL (BELLUNO) - Doveva osservare l'obbligo di stare lontano dalla donna fino al marzo 2020, ma non ha resistito nemmeno qualche settimana. L'uomo, un cittadino marocchino di 49 anni, N.E.H., che aveva il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da figli e moglie (una sua cugina di primo grado), avrebbe ripetutamente violato la misura e è finito in manette a fine settimana.
 
È stato arrestato e è stato posto ai domiciliari nell'abitazione di Mel dove ha trovato alloggio quando è stato allontanato da casa. L'arresto è stato compiuto dagli uomini del Nucleo Investigativo provinciale, comandato dal maggiore Marco Stabile con il supporto dei colleghi della stazione di Mel. Nelle prossime ore ci sarà l'udienza di convalida. 
L'uomo era stato condannato a 3 anni di reclusione con sentenza di primo grado pronunciata a fine settembre. È difeso dall'avvocato Sergio Montoneri, che lo ha assistito nel corso del processo.
In aula la donna raccontò quella vita di inferno. Al posto dei baci delle carezze, gli sputi. Al posto dell'aiuto in casa, gli ordini. Al posto delle parole d'amore, gli insulti e le parolacce. Un incubo vissuto tra 2016 e 2017. Quando il padrone si arrabbiava c'erano anche botte con ciabatte o cintura per tutti. Per sfuggire a tutto questo la donna, che non lavorava e non parlava ancora bene italiano, poteva solo barricarsi in camera con i bambini. «Tutte le chiavi le teneva il marito - ha raccontato la sorella -, quindi non poteva chiudere quella porta a chiave. Ma utilizzava divani e armadi, per cercare di sfuggirgli. Lui spingeva fino a quando riusciva a entrare, tanto che la maniglia è anche stata rotta, da tanto che spingeva, lo si può vedere ancora oggi».
Era un vero e proprio marito-padrone. Era lui a andare a parlare con i professori dei tre figli. Lui a fare la spesa. Lui a decidere cosa si mangiava. Lui a decidere come si doveva vestire la moglie. «Io amo i colori sgargianti - raccontò la donna in aula - ma tutti i vestiti colorati me li prendeva e li metteva in un sacco delle immondizie: dovevo usare il nero». E guai a mettersi lo smalto, erano botte: lo spiegò la figlia, nell'audizione protetta, con gli altri fratelli, ascoltati da una psicologa.
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