FELTRE - «Nonno sta male».
Passano i giorni, poi il miracolo. Rolando Fassin, 86enne di Formegan, Santa Giustina, afferra la sua vita e comincia a lottare. Ieri mattina il quadro clinico è migliorato e l’anziano è stato trasferito in Pneumologia covid. Tuttavia, sottolineano i familiari, «non è ancora fuori pericolo». Dopo giorni di buio in cui «si fa fatica a dormire la notte» il suo trasferimento è comunque una buona notizia. I medici gli hanno concesso una videochiamata con il cellulare del reparto e ha potuto rivedere la sua famiglia che al momento si trova in quarantena. «L’ho visto abbastanza bene» racconta il figlio. E aggiunge, ridendo: «Purtroppo è partito senza dentiera». Quando è arrivata l’ambulanza, infatti, non ha fatto in tempo a prendere nulla, nemmeno i suoi effetti personali ma «se la cava, i cibi vengono frullati».
LA STORIA
Il virus, in provincia, è meno aggressivo. Però non è scomparso. I tamponi fanno emergere nuovi positivi ogni giorno (anche se in misura minore rispetto a un mese fa) e ci sono all’incirca 80 pazienti covid negli ospedali di Belluno e Feltre. Sembrano pochi. Eppure, il picco massimo della prima ondata si era fermato a 90. La prudenza è d’obbligo. Lo insegna anche la storia di Rolando Fassin. Positivo lui e il figlio. Negative invece la nuora e la nipote ma a breve eseguiranno un altro tampone. C’è un’altra nipote, di 16 anni, che si trova invece in Toscana. Una piccola Pelé bellunese che gioca con il Florentia San Gimignano e che non è ancora riuscita a tornare a casa. «Il 25 gennaio sono arrivati i medici della Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) – ricordano i familiari – l’hanno visitato e, pur essendo positivo, stava bene». Il peggioramento è avvenuto nella notte successiva. La nipote, sentiti dei rumori strani provenienti dalla camera del nonno, ha chiamato la madre: «Aveva la saturazione a 74. Io sono asmatica e so cosa significa. Ho allertato subito il 118». Tempo di fare un tampone molecolare e poi via verso l’ospedale, con la paura di non rivederlo più perché il cuore di Rolando pulsa grazie a un pacemaker e il virus non perdona.
LA BATTAGLIA
È rimasto in Rianimazione, all’ospedale di Feltre, per quasi una settimana. «Le prime notti abbiamo faticato a dormire. Ma i medici ci hanno chiamato una volta al giorno per dirci come stava, se reagiva, a volte ci dicevano: “Non sappiamo se arriverà a domani”». Con le visite bloccate per il covid il telefono è l’unico modo per avere informazioni sui pazienti: «Ringraziamo tutto il personale sanitario che ci ha aiutato. Da qui siamo impotenti. Aspettavamo la chiamata ogni giorno con ansia». Quando è a casa Rolando è ancora molto attivo. Raccoglie le patate, si occupa delle galline. Nella vita ha fatto lo “scarpér”, cioè si occupava di scarpe, la sua passione più grande. Ed è bello pensare che abbia deciso di lottare e di stringere forte la sua vita, così come faceva un tempo con le sue amate scarpe. Creandole, aggiustandole, prendendosene cura. Ora Rolando sembra stare meglio: «Sarà lunga. Non è sano e salvo perché il covid non si risolve in poco tempo. I polmoni sono affaticati e rimane il problema al cuore. Ma lo pensiamo ogni giorno e non vediamo l’ora che torni a casa».