«Noi, medici di base, da soli: siamo carne da cannone, senza armi in questa guerra»

Mercoledì 25 Marzo 2020
Il medico di famiglia Enzo Bozza
BELLUNO - «Noi, medici di base mandati a fare carne da cannone in trincea senza armi». Sono tre i medici di base in quarantena tra Cortina e Valle di Cadore. In prima linea resta, tra gli altri il dottor Enzo Bozza, medico di base di Vodo e Borca, che chiede a gran voce il tampone per tutti i dottori di famiglia bellunesi. Ma, al momento, non c’è nessuna comunicazione dalla Usl 1 Dolomiti e loro restano lì, sempre meno numerosi e sempre più a rischio. Anche se, forse, qualcuno potrebbe già essere positivo. «È di questa mattina - spiega il dottor Bozza- la notizia che Zaia vorrebbe procedere al tampone per tutti gli operatori sanitari. A Treviso i medici di base l’hanno chiesto e ottenuto. Da noi, nulla, al momento. Abbastanza malignamente pensavo: ma conviene al sistema fare un censimento dei medici malati? E se almeno la metà di essi dovessero mettersi in quarantena, come si fa?». E c’è una lettera del presidente dell’ordine dei medici di Belluno, Umberto Rossa, con cui si chiede ufficialmente il tampone per tutti. «Noi ci aspettiamo - dice il presidente Rossa - che questi tamponi vengano effettuati in tempi brevi ai medici sia ospedale che del territorio. L’epidemia si sta diffondendo e ci sono colleghi positivi anche nel territorio e il fatto di sapere che il medico non sia un portatore del virus è una cosa confortante e permette di lavorare in sicurezza e a tutela dei nostri assistiti».
LA STORIA
«Nel 1978 - spiega il dottor Bozza -, la riforma di Legge che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale. Via la vecchia mutua e i medici condotti, incominciava l’era del medico di base o medico di medicina generale o medico di famiglia o medico di cure primarie o medico di assistenza primaria. Tanti nomi per indicare una professione che non ha una collocazione strutturata nel servizio sanitario nazionale, non è un dipendente Usl, non è un pubblico ufficiale, non è arruolato come ufficiale in servizio permanente effettivo ma solo di complemento. Non è un dipendente Usl, ma un soldato di un esercito preso in affitto. È un po’ come se la legione romana combattesse con gli schiavi in prima linea e i veterani li lasciasse a casa. Le persone fanno riferimento al medico di base, per tanti è il primo approccio sanitario per un problema di salute. Per tanti anziani è l’unica figura di riferimento. Gli organi istituzionali che dal 1978 in poi hanno trattato questa figura professionale come la Cenerentola del sistema».
IL RISCHIO
«Non sapere che tipo di paziente si sta visitando: sano, portatore, infetto - prosegue Bozza in una lettera-sfogo -? Lo scopriremo poi, quando il medico comincia a non sentirsi proprio in forma. Questa battaglia, dal punto di vista dei medici di base, è incominciata male. Nessuna direttiva aziendale, nessun referente di struttura con programmi di intervento, nessun dispositivo di protezione se non ad esplosione avvenuta, nessun collegamento con i servizi di igiene pubblica per i quali si è chiesto addirittura che i medici di base redigessero i certificati necroscopici. Dopo 42 anni dalla istituzione del Servizio sanitario nazionale il virus ha scovato la Cenerentola del sistema facendone una cavia da laboratorio: vediamo quanti medici di base si ammalano e facciamo una statistica? Le famiglie di sicuro, che al mattino ci salutano come chi sta andando al fronte… tornerai?».
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