Sono passati cinque anni dalla tempesta Vaia, Bottacin: «È stata peggio di un terremoto»

Sabato 28 Ottobre 2023 di Lauredana Marsiglia
Gianpaolo Bottacin, Luca Zaia, il sindaco di Rocca Pietore De Bernardin e il comandante dei vigili del fuoco sui luoghi di Vaia

BELLUNO - L’allora ministro Luigi Di Maio, atterrato in una Rocca Pietore sommersa da fango e massi, senza più acqua, luce e strade, rimase sconvolto di fronte ad una donna anziana che con un secchio si dava da fare per portare via il fango dalla propria abitazione. «Ma qui stanno lavorando tutti?» chiese Di Maio, stupito da una laboriosità che evidentemente gli parve lunare. In questo sbalordimento ministeriale, rievocato dall’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, si riassume la forza della tempesta Vaia, capace di portare fin quassù mezzo Governo, più il presidente Sergio Mattarella, e quella ancor più straordinaria degli abitanti che di fronte ad un disastro senza precedenti non si limitarono a piangere.

Tanta dignità e poche lamentele se non legate ai tempi della burocrazia per i rimborsi.

«NUMERI CHE FANNO LA STORIA»
Bottacin, con delega alla Difesa del suolo e alla Protezione civile, è stato il dominus di un’emergenza che a cinque anni di distanza vede un territorio più forte di prima. È infatti giunto al termine ben il 70 per cento dei 2527 cantieri avviati in Veneto, appaltati in tre anni e senza mai un contezioso, di cui 1814 solo in provincia di Belluno costati quasi 638 milioni di euro su un totale veneto di oltre un miliardo. «Sono numeri che non hanno uguali nella storia del nostro paese - afferma Bottacin - tanto che il Veneto viene citato come esempio di ricostruzione post alluvione, esattamente come lo è stato il Friuli nel post terremoto». Tutto iniziò il 28 ottobre del 2018, quando in un batter d’occhio si scatenò un inferno di acqua e vento, con 700 millimetri caduti tra il sabato e il lunedì successivo (in montagna cadono in almeno sei mesi), e raffiche a 200 chilometri orari. In poche ore la provincia sprofondò nel buio. «Non esisteva più la viabilità né le linee elettriche - ricorda Bottacin -, non perché si fosse semplicemente interrotta una linea ma perché non esistevano più neppure i tralicci. C’erano centinaia di nuove frane, erano saltati acquedotti e fognature. Si erano creati oltre 100 nuovi siti a rischio valanga».

L’IMPOSIZIONE AL PREFETTO
«La macchina dell’emergenza - afferma - che ho coordinato personalmente ha funzionato bene ma voglio sottolineare l’importanza della prevenzione, visto che le opere che avevamo realizzato in passato hanno consentito di salvaguardare l’incolumità pubblica, e della previsione visto che il primo allertamento lo abbiamo dato con 3 giorni di anticipo e il giorno precedente, nell’Unità di crisi da me presieduta a Marghera, abbiamo imposto al prefetto di Belluno di far chiudere tutto. Ciò ha consentito di salvare molte vite».

«BOSCHI, PROBLEMA MINORE»
In questi anni la tempesta Vaia ha avuto l’immagine dei boschi devastati su circa 12mila ettari, ma non è stato questo il problema maggiore. «Mi è dispiaciuto - afferma Bottacin - che sia passato questo messaggio. Vaia ha avuto la forza di un terremoto, ma con esiti molto peggiori, come disse allora il comandate dei Vigili del Fuoco, Franco Magrin, una volta arrivato nell’epicentro di Rocca Pietore». La vera emergenza fu ripristinare in fretta le opere di difesa danneggiate, perché l’incolumità era prioritaria rispetto ai boschi, che in provincia abbondano. Le briglie andavano svuotate e ripristinate. Allo stesso modo gli argini. C’erano poi tutti i servizi pubblici da ripristinare: luce, acqua, gas, viabilità. Da questo penso si possa ben comprendere che gli alberi abbattuti erano il minore dei problemi. «Lo abbiamo fatto con un colossale piano di Protezione Civile, di cui nessuno parla mai, che prevedeva anche l’eventuale evacuazione di centinaia di edifici in caso di emergenza». È stato un sforzo immane che ha coinvolto tutti, dalle Istituzioni ai privati.  «Purtroppo - conclude l’assessore - non tutti all’epoca ebbero la percezione esatta di quello che era accaduto. Ricordo che sceso da una Rocca Pietore devastata, chiesi al prefetto se avesse idea di quanto fosse accaduto: mi rispose che non aveva avuto molte segnalazione. Per forza... le comunicazioni erano interrotte!». Oltre ai numeri, Bottacin ama ricordare la grande dignità della gente. «E pensare che abbiamo parti d’Italia dove le macerie del sisma sono ancora lì dopo tanti anni».
 

Ultimo aggiornamento: 13:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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