«Troppi cinghiali, il lupo non basta. Stato di allerta per la peste suina»

Il primario del servizio veterinario Gianluigi Zanola spiega come si stanno preparando all'emergenza: "Siamo preoccupati"

Lunedì 28 Agosto 2023 di Daniela De Donà
«Troppi cinghiali, il lupo non basta. Stato di allerta per la peste suina»

BELLUNO - In Lombardia, per la peste suina africana, si è già alla fase definita "allarme".

E da alcuni giorni nella vicina Croazia sono stati segnalati 97 focolai. In Slovenia stessa situazione: si parla dell'adozione di piani di sicurezza. E gli allevatori, come sottolineato giorni fa dalla Confederazione italiana degli agricoltori, non nascondono la paura. A mettere nero su bianco la situazione in provincia di Belluno che, geograficamente, per la peste suina pare dentro i confini di una tenaglia - è Gianluigi Zanola, primario del Servizio veterinario di Sanità animale del Dipartimento di prevenzione dell'Ulss 1 Dolomiti.


Dottor Zanola partiamo di numeri. Può fornire una panoramica sugli allevamenti presenti in provincia di Belluno?
«La nostra provincia ha 534 allevamenti, dei quali però solo una decina può essere considerata a carattere intensivo, mentre la grande maggioranza è costituita da allevamenti familiari».


Di quanti suini stiamo parlando?
«Il numero dei capi totali si aggira sui 17mila».


Come state vivendo la preoccupazione per la diffusione della peste suina?
«Direi che più che una preoccupazione siamo dentro una vera e propria allerta che negli ultimi mesi si è tradotta in ordinanze ministeriali sempre più restrittive».


Cosa avete fatto, quindi, e state facendo con il Servizio di Sanità animale?
«A seguito delle disposizioni nazionali e regionali già dalla primavera dell'anno scorso il nostro Servizio di Sanità Animale ha ispezionato tutti gli allevamenti di suini allo stato semibrado, vale a dire con suini liberi di pascolare, imponendo misure di sicurezza».


Dunque sono maggiormente a rischio di contagio i piccoli allevamenti privati?
«Ecco perché l'obiettivo principale sta nel tenere distanziati questi suini dal contatto con i cinghiali».


In provincia i cinghiali sono ancora molti, quale il legame con la loro presenza e le aree che avete individuato ad altissima preoccupazione?
«Le zone a più alta densità di cinghiali, e quindi più a rischio di diffusione della peste suina, sono il Basso Feltrino, la sinistra Piave e l'Alpago».


Territori dove è presente anche il lupo....
«Il lupo, purtroppo, ha dimostrato scarsa influenza sulla riduzione della popolazione di cinghiali».


Minori, quindi, i problemi per gli allevamenti intensivi rispetto?
«Certo. Sono sottoposti a verifiche dei requisiti previsti dalle norme di biosicurezza. Sta di fatto che per la peste suina, come richiesto dalla Regione il 10 agosto scorso, è stato istituito un Gruppo Locale che lavora sulle procedure operative da attuare in caso di sospetto e di accertamento».


Facciamo un ripasso: può spiegare, in modo semplice, in che cosa consiste la peste suina?
«È una malattia virale altamente diffusiva e contagiosa, ad alta mortalità, che colpisce solo i suini. Si trasmette per contatto diretto, ovvero tra animali, e indiretto, da materiali e carni».


Nel nostro territorio da quali direzioni potrebbe arrivare il contagio?
«Dai Balcani e dalla Lombardia potrebbe giungere tramite i cinghiali selvatici, ma il timore più grande è che venga portata da avanzi di carni suine o di salumi infettati e eliminati come rifiuti nell'ambiente».


Quali i problemi, nelle ricadute, per l'uomo?
«I problemi non sarebbero di natura sanitaria, ma economica. Una diffusione incontrollata della malattia può comportare la fine dell'allevamento suino in un territorio e la fine delle esportazioni di salumi, voce di notevole importanza per il Pil nazionale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci