Lo sfogo dell'albergatore sul Giau: «Solo 9 lavoratori stagionali su 16: devo ridurre i servizi»

Lunedì 24 Aprile 2023 di Raffaella Gabrieli
Stagionali introvabili, anche il Berghotel del passo Giau taglia i servizi

COLLE SANTA LUCIA -  «Per essere a pieno regime in termini di personale il mio rifugio, nella bella stagione, necessita di sedici persone. Ma dopo mille richieste sparse in giro ne ho trovate solo nove. E direi che qua mi fermo. Inutile andare avanti in una ricerca vana. Necessariamente dovrò ricalibrare al ribasso orari di apertura e spazi a disposizione del pubblico. Mi piange il cuore ma non ho alternative». È uno sfogo aspro quello di Igor Valleferro, titolare del Berghotel Passo Giau. Sull’omonimo valico, considerato tra i più belli di quelli dolomitici, in estate la gente arriva a frotte. E il lavoro non manca. «Ma se non si ha uno staff adeguato - sottolinea - necessariamente va ridotto il ventaglio dell’offerta di servizi». E così la sofferta decisione di ridurre gli orari di apertura del bar e tenere chiusi alcuni degli spazi in modo che meno persone necessitino il servizio.

LA SITUAZIONE

Un problema, quello della carenza di figure professionali nel settore turistico, che ha preso piede già da qualche tempo e che ora si sta manifestando in tutta la sua gravità. «Trovare camerieri, inservienti per le pulizie, baristi e addetti alla cucina è diventato un terno al lotto - afferma Valleferro -. Lo sto provando sulla mia pelle tant’è che i prossimi mesi dovremo necessariamente ridimensionarci. Per far fronte all’emergenza personale sto valutando ad esempio la possibilità di acquistare uno di quei pannelli, tipici di varie catene di ristorazione, tramite i quali i clienti fanno l’ordine e pagano. In questo modo “taglierei” definitivamente un ruolo, e cioè quello del cassiere. Certo, vuoi mettere il contatto con la persona che ti accoglie con un sorriso e ti dà qualche consiglio sul menu o sulle proposte del giorno? Ancora, sto pensando di tenere chiusi degli spazi a disposizione della clientela e di ridurre le ore di apertura del bar-ristorante facendole avvicinare il più possibile alle tradizionali otto di negozi e uffici». A mali estremi, estremi rimedi.

L’ANALISI

«A monte di questa difficoltà - fa il punto l’imprenditore - ci sono varie cause. Qua in Agordino c’è l’abitudine di attribuire grossa responsabilità alla Luxottica che nei suoi reparti assorbe una gran quantità di “manodopera” svuotando bar e cucine. Senza voler ovviamente accusare la multinazionale, che tanto del bene ha fatto a questo territorio, penso che i giovani preferiscano sempre più i reparti produttivi dove non è richiesta alcuna competenza e dove si può godere dei weekend liberi piuttosto di un locale dove invece c’è la necessità di conoscere le lingue straniere, di possedere delle conoscenze merceologiche e di avere empatia con i clienti nonché di trascorrere i sabati e le domeniche a lavorare ancor più». E poi c’è la questione vitto-alloggio. «Chi è disposto a fare le stagioni - dice - chiede sempre più spesso, oltre al vitto, anche l’alloggio. Un’istanza non sempre esaudibile. Nel nostro caso, ad esempio, delle 10 camere che abbiamo 3-4 le mettiamo a disposizione del personale a uso singolo. Per invogliarlo a venire da noi e per farlo stare bene. Certo, ciò riduce la capacità ricettiva dell’attività. Ma, a questo punto, il gioco vale la candela».

LA PROBLEMATICA GENERALE

«Certo noi operatori del settore turistico siamo penalizzati dalla carenza di personale - analizza Valleferro - ma non è che vari altri settori se la passino meglio. Pensiamo ad esempio a quello sanitario o a quello dell’edilizia. Il problema di fondo è che la popolazione invecchia senza avere un ricambio. Aggiungiamoci alcune forme di sussidio a pioggia e un benessere tutto sommato ancora diffuso, soprattutto nelle nostre zone, e il gioco è fatto. E anche, soprattutto tra i più giovani, il rincorrere i falsi miti dei social network che li inducono a sognare di guadagnare facilmente diventando influencer». «Detto tutto ciò - conclude l’imprenditore - siamo già entrati nell’ottica di operare, nel corso della prossima estate, a circa il 60% delle nostre potenzialità. Pur consapevoli delle oggettive difficoltà, resta l’amaro in bocca perché si potrebbe lavorare molto bene. Anche in considerazione del fatto che non c’è più la suddivisione netta di un tempo tra stagione estiva e invernale e che questo consentirebbe di essere aperti anche nei periodi un tempo detti “morti” come la primavera e l’autunno. La gente ha tanta voglia di libertà e di montagna ma in ambito ricettivo e ristorativo, se non ci sarà un’inversione di tendenza, rischierà di scontrarsi con servizi a ranghi ridotti». 

Ultimo aggiornamento: 17:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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