Parti cesarei in calo, ma al sud ancora troppi

Martedì 4 Giugno 2019
C'è una grande differenza tra le regioni nel numero dei cesarei
Sempre meno bambini in Italia nascono con il bisturi. In calo i parti cesarei, passati dal  28% del 2010 al 23% del 2017. I dati emergono dal Programma Nazionale Esiti (Pne) 2018 dell'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari (Agenas).  Nel 2017, rispetto al 2010, a 17.000 donne, in Italia, è stato risparmiato un cesareo. Un trend in miglioramento che vede però, si legge nel Pne, «un'importante differenza tra regioni», tanto che restano strutture, private e al Sud, in cui il tasso supera l'80%. Migliorano però alcune regioni, come la Campania, in cui la percentuale dei cesarei passa da una media del 46% del 2016 al 40% del 2017 ma «la maggior parte delle strutture accreditate hanno tassi di cesarei molto più alti di quelle pubbliche», spiega Maria Chiara Corti, coordinatrice del Pne 2018.
Anche in una regione virtuosa come la Lombardia, prosegue, «troviamo province in cui le percentuali di cesarei sono maggiori rispetto a quelle vicine». Si va, ad esempio, dall'11,5% da quella di Varese al 23,3% di Mantova. Buone notizie sui punti nascita sotto i 500 parti l'anno, che scendono da 97 del 2016 a 90 del 2017. L'Italia, secondo i dati del 2018, detiene il record europeo di nascite con l'intervento chirurgico, tanto che l'Oms aveva richiamato il nostro paese dicendo che in un caso su due il cesareo sarebbe inutile. Oltre un bebè su 5 nel mondo nasce col bisturi invece che col parto naturale, e il ricorso al taglio cesareo è quasi raddoppiato a livello globale.
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