Marmolada un anno dopo: né colpe né impreparazione. Solo la conferma della grandezza, talvolta tragica, della montagna

Martedì 4 Luglio 2023

Egregio direttore,
alcune famiglie delle persone decedute un anno fa sul ghiacciaio della Marmolada « non accettano l' imprevedibile». Spiace ovviamente per i morti e per i loro familiari, ma in una tragedia inaspettata ed appunto imprevedibile come quella del 3 luglio chi avrebbe dovuto avere qualche responsabilità? Forse che qualcuno dovrebbe stare 24ore su 24 a monitorare tutti i ghiacciai o qualsiasi luogo impervio di montagna per prevenire le cadute di ghiaccio o di massi? Chi va in montagna sa che sono cose che fanno parte del gioco. Come si può dunque chiedere di attribuire responsabilità a qualcuno in una situazione del genere?

Luigi Gentilini


Caro lettore,
sono salito più di una volta sulle cime della Marmolada, con gli sci e senza, in primavera e a inizio estate. Questo naturalmente non mi autorizza ad avere certezze né tantomeno ad emettere sentenze. Tuttavia conoscendo un po' quella montagna, ascoltando le testimonianze dei soccorritori e leggendo le ricostruzioni di ciò che è accaduto quel 3 luglio 2022 sul percorso che porta a Punta Penia ho maturato due convinzioni. Che quella enorme scarica di ghiaccio e sassi non fosse un evento prevedibile e che la causa di tante morti non siano state né l'impreparazione né l'imprudenza. Gli alpinisti che sciaguratamente si trovavano in quel momento sulle pendici della Marmolada non stavano percorrendo una salita particolarmente difficile né una via esposta normalmente a pericoli oggettivi. Erano ben attrezzati dal punto di vista tecnico e l'orario che avevano scelto per la discesa da Punta Penia era corretto da ogni punto di vista. Alcuni erano anche accompagnati da professionisti della montagna. Cos'altro dovevano fare di più? La realtà è che quella enorme ferita nel più esteso ghiaccio dolomitico si è aperta nel momento peggiore possibile: in pieno giorno, durante un fine settimana e in una giornata di tempo bello e stabile. Tutte condizioni che hanno fatto sì che quel 3 luglio su quel percorso, giustamente famoso, ci fossero numerosi appassionati di montagna. E che 13 di loro abbiano perso la vita. Ho un rispetto totale per chi quel giorno ha visto morire un familiare o una persona cara e capisco perfettamente che non tutti riescano ad accettare l'ineluttabilità di ciò che è accaduto. Che non si arrendano di fronte all'imprevedibilità di una massa di ghiaccio che si stacca dalla montagna e strappa dalla vita tanti giovani uomini e donne. Purtroppo però la tragedia della Marmolada ci conferma ancora una volta che montagna è la misura della nostra piccolezza: possiamo salirci in cima, illuderci di conquistarla ma non possiamo dominarla né imporle le nostre leggi e i nostri tempi.
 

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