L'omicidio di Giulia non è diverso da altri, ma non è un caso se ha colpito così profondamente l'opinione pubblica

Martedì 28 Novembre 2023
Omicidio di Giulia Cecchettin

Caro direttore,
ho aspettato un po' per vedere fino a dove sarebbero arrivati i media nel loro parossismo sul delitto di Giulia. Trovo letteralmente vomitevole questa overdose in cui tutti, dico tutti, partecipano in modo scomposto. Mi chiedo cosa differenzi il delitto Cecchettin da tantissimi altri, altrettanto efferati e disumani da meritare questa aurea di santità. La mia risposta è semplice: il viso e il sorriso di Giulia ha rapito tutti, perché trasmetteva bontà, gentilezza e innocenza. Ma può bastare questa impressione fotografica per fare la differenza di trattamento tra questo e altri delitti?


L.G.


Caro lettore,
capita a tutti di innamorarsi delle proprie opinioni.

Ma, almeno in qualche caso, sarebbe bene avere l'umiltà di chiedersi se, forse, non siamo noi che stiamo sbagliando. L'enorme interesse suscitato da una vicenda come quella della morte di Giulia è davvero semplicemente l'effetto di una overdose di spettacolarizzazione mediatica? O non è anche, e soprattutto, il segnale che questa volta, nel sentire popolare, è scattato qualcosa di più profondo e che l'omicidio di Giulia ha avuto un impatto diverso sulle nostre comunità? Ci sono fenomeni di violenza, illegalità e degrado che attraversano la nostra società e che generano indignazione, riprovazione, condanna. Ma con i quali continuiamo di fatto a convivere, senza che da parte dell'opinione pubblica, o di larga parte di essa, ci sia una reazione profonda, senza che scatti una consapevolezza trasversale e collettiva della gravità di ciò che sta accadendo e del fatto che questo riguardi tutti noi, non solo le vittime, i loro congiunti o i loro colleghi. Poi, talvolta, succede qualcosa che fa dire: adesso basta. Su un fronte molto diverso accade una cosa assai simile dopo l'omicidio di Giovanni Falcone e della sua scorta: solo di fronte a quella strage molti italiani compresero quanto grave e pervasiva fosse società la minaccia della mafia e quanto necessaria fosse un'offensiva vera contro quel potere criminale. È difficile dire cosa faccia scattare queste reazioni, come e perché si arrivi a una sorta di punto di rottura: l'incredulità per quello che è accaduto, la straordinaria violenza usata, la figura della vittima o del carnefice. O altro ancora. Ma credo che con Giulia sia successo esattamente questo. Abbiamo raccontato tanti femminicidi. E purtroppo temo che dovremo farlo ancora. Ma questo ha assunto un valore diverso. Non perché le altre donne ammazzate contassero di meno o perché giornali e tv ne hanno parlato di più. Ma perché Giulia, forse per la sua normalità, per la giovanissima età sua e del suo assassino, per le incredibili modalità con cui è stata massacrata, ha colpito in modo più diretto e sferzante l'opinione pubblica. È stato come uno schiaffo: ha fatto scattare una reazione che è andata oltre l'orrore, l'indignazione, i minuti di silenzio. E ha fatto capire a tanti, se non a tutti, che sui rapporti uomo-donna abbiamo come società un problema da affrontare. Che Filippo Turetta è un omicida e va punito con tutta la severità possibile per ciò che di orrendo ha fatto, ma che non possiamo cavarcela così. Non so concretamente quali risultati produrrà la grande emozione e reazione suscitata dalla morte di Giulia. Certamente anche nel dibattito che è scaturito dopo la sua morte non sono mancate gli eccessi, le esagerazioni, le letture partigiane. Ed esiste sempre il rischio che, spente le luci della ribalta mediatica, tutto o quasi rimanga come prima. Mi sembra però già significativo l'accordo trasversale che in Parlamento è stato trovato sulle norme anti-violenza. Certamente c'è ancora molto da fare. Ma un errore che non dobbiamo compiere è quello di banalizzare ciò che è accaduto e sta ancora accadendo.

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