Perché la brutalità della guerra non può giustificare gli atroci omicidi commessi dai partigiani titini

Domenica 11 Febbraio 2024
Perché la brutalità della guerra non può giustificare gli atroci omicidi commessi dai partigiani titini

Caro direttore,
Le chiedo di poter replicare alla lettera, apparsa ieri sul suo giornale a firma Mauro Cicero. Partendo da Tucidide, tutti i grandi storici ci hanno insegnato a ricercare e comprendere i nessi causa-effetto nelle vicende belliche. Non voglio giocare a fare lo storico, però ritengo necessario ricordare ai lettori che furono le truppe nazi-fasciste ad invadere il regno di Jugoslavia, nazione che si era dichiarata neutrale fin dall’inizio della guerra. I popoli, di quello che fino ad allora era stato uno stato sovrano e indipendente, si ribellarono e lottarono – sotto la giuda del maresciallo Tito – contro gli eserciti stranieri che avevano occupato e devastato le proprie terre. Pagarono la riconquista della libertà con tre anni di una guerra di liberazione sanguinosissima, che provocò un milione e mezzo di morti, fra partigiani e popolazione civile. Le foibe, purtroppo, furono una delle tragiche conseguenze di una catena di odi e di vendette che, sciaguratamente, andò avanti alcuni mesi dopo la fine della guerra. Ciò va condannato, ma non deve servire a occultare gli errori e gli orrori del fascismo, e i lutti, le devastazioni e le sofferenze, che quel regime ha provocato. 

Dario Marini 


Caro lettore,
la sua replica si presterebbe a diverse considerazioni.

Mi limito a due osservazioni. La prima riguarda il metodo a cui lei si richiama. L’analisi del rapporto causa-effetto serve a comprendere perché si sono determinati alcuni eventi e a contestualizzarli. Non a legittimare i delitti e le atrocità che sono state commessi. Tutto ha un’origine e una spiegazione storica, anche le peggiori dittature, ma questo non significa che debbano sfuggire a un severo giudizio e che tutto possa essere giustificato derubricando anche le peggiori nefandezze nella casella delle “tragiche conseguenze”. Non è così. Questo è il sistema attraverso cui tutti i dittatori e i grandi persecutori hanno sempre fatto ricorso per lavarsi la coscienza: utilizzare il contesto storico e lo stato di necessità per non assumersi le proprie responsabilità e sfuggire al giudizio del tribunale della storia e dell’umanità. Mi perdoni ma le vittime innocenti dei partigiani titini e i profughi non meritano anche questo affronto. La seconda considerazione è lessicale: le era così difficile ricordare ai lettori che gli autori del massacro di tanti italiani innocenti erano partigiani e militanti comunisti e che i profughi non scappavano dalla ex Jugoslavia perché erano fascisti o nostalgici del fascismo, ma perché, al contrario, non volevano vivere sotto una dittatura non meno feroce, come quella del comunista maresciallo Tito? 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci