Foibe, perché si chiamano così e cos'è il Giorno del Ricordo: la storia di ciò che accadde

Tra il 1943 e il 1947 morirono quasi ventimila italiani nelle foibe. Ogni 10 febbraio l'Italia celebra il Giorno del Ricordo in memoria di quelle vittime. E' una delle pagine più tristi della nostra storia. Ecco che cosa accadde

Venerdì 9 Febbraio 2024 di Monica De Chiari
Le foibe, la storia e il Giorno del Ricordo

Da vent'anni ad oggi ogni il 10 febbraio l'Italia celebra il Giorno del Ricordo, una giornata dedicata alla memoria dei quasi ventimila italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della Seconda guerra mondiale. Si tratta di una delle pagine più tragiche della nostra storia e a lungo rimasta inascoltata.

Tra l'ottobre 1943 e il maggio 1947 migliaia di cittadini italiani abitanti delle regioni dell'attuale Friuli Venezia Giulia e di quelle che furono le regioni dell'Istria e della Dalmazia furono catturate, uccise e gettate nelle foibe. Per foibe si intende delle grandi caverne verticali tipiche della regioni carsiche della Giulia, più comunemente riconosciute come grandi feritoie.

I pochi sopravvissuti vennero deportati nei campi di concentramento sloveni e croati, costretti ad abbondonare la propria terra natia. Per decenni gli eventi tragici delle foibe e i fatti storici che hanno portato al loro verificarsi sono stati taciuti. Poi, negli anni Novanta, il ricordo ha finalmente iniziato a prevalere sui silenzi, fino al 30 marzo del 2004 giorno in cui è stato istituito il Giorno del Ricordo. 


La storia 


Verso la fine del 1943, dopo tre anni di guerra, il regime di Mussolini era ormai giunto al termine. Ne erano seguiti la resa dell'8 settembre, lo scioglimento del Partito fascista e lo sfaldamento delle nostre Forze Armate. Nei Balcani, e particolarmente in Croazia e Slovenia, le due regioni balcaniche confinanti con l'Italia, il crollo dell'esercito italiano aveva coinvolto le due capitali, Zagabria (Croazia) e Lubiana (Slovenia).
Qui avevano avuto il sopravvento le forze politiche comuniste guidate da Josip Broz, nome di battaglia e alla storia noto come "Tito". La prima ondata di violenza esplose proprio dopo la firma dell'armistizio, l'8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, nell'intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, imponendo un'italianizzazione forzata e reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali proprio perché con il crollo del regime i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo. Con il crollo del regime i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, molti torturati e poi gettati nelle foibe. 


La celebrazione


"Un muro di silenzio e di oblio – un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità – si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani massacrati nelle foibe". Ma "i tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione" così ha commentato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha presieduto al Quirinale nella Sala dei Corazzieri, le prime celebrazioni per il Giorno del Ricordo. "In quelle martoriate ma vivacissime terre di confine, che da secoli ospitavano popoli, lingue, culture, alternando fecondi periodi di convivenza a momenti di contrasto e di scontri, il secolo scorso ha riservato la tragica e peculiare sorte di vedere affiancati, a pochi chilometri di distanza, in una lugubre geografia dell'orrore, due simboli della catastrofe dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista: la Risiera di San Sabba, campo di concentramento e di sterminio nazista, e la Foiba di Basovizza, uno dei luoghi dove si esercitò la ferocia titina contro la comunità italiana", "Quel territorio, intriso di storie e di civiltà, condivise lo stesso tragico destino di molti Paesi dell'Europa centro-orientale, che, dopo la sconfitta del nazifascismo, si videro negate le aspirazioni alla libertà, alla democrazia e all'autodeterminazione dall'instaurazione della dittatura comunista, imposta dall'Unione Sovietica. Milioni di persone, in quei Paesi si videro allora espulse dalla terra che avevano abitato, costrette a mettersi in cammino alla ricerca di una nuova patria" ha continuato il presidente. 


Presenti alle celebrazioni anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il ministro della Difesa Guido Crosetto. " Nel giorno del ricordo siamo tutti in un ideale raccoglimento di fronte a ogni foiba a ogni cippo o monumento di fronte alle molte semplici croci di legno” per non dimenticare “una delle pagine più buie della nostra patria”, ha affermato il ministro Tajani, concludendo: "Non si cancellano pagine di storia, tragiche e duramente sofferte. I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione". 

Ultimo aggiornamento: 20:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA