Caro direttore,
domanda lapidaria. Ora che tutto sembra normalizzarsi, quando il ministro Bonafede rimette in carcere i mafiosi pericolosi liberati? Mi interessa un suo parere, direttore, e sapere se voi giornalisti potete fare pressioni o sollevare la questione in questa direzione. Nessuno ne parla più.
Arturo Seguso
Caro lettore,
i mafiosi vergognosamente fatti uscire dal carcere sfruttando l’emergenza virus, dovrebbero essere rientrati o fatti presto rientrare tutti nelle loro celle o in strutture sanitarie di sicurezza. Certamente la “libertà domiciliare” si è già conclusa per i più pericolosi tra i 376 detenuti, appartenenti o vicini alle organizzazioni mafiose, che hanno goduto nei mesi scorsi di questo particolare e (per loro) vantaggioso trattamento. Il primo a lasciare la propria abitazione e ad essere portato in una struttura sanitaria carceraria è stato Antonino Sacco, uno dei capi del mandamento mafioso del Brancaccio, storico quartiere di Palermo, che aveva incredibilmente ottenuto i domiciliari come misura per non essere contagiato dal coronavirus. Ma anche altri venti soggetti fra i più pericolosi sono stati rapidamente fatti tornare dietro le sbarre. Tutto ciò è stato reso possibile grazie a un decreto d’emergenza approvato all’inizio di maggio dal governo dopo che lo scandalo era esploso sui giornali e che ha imposto ai giudici di sorveglianza di rivedere con urgenza entro 15 giorni i provvedimenti che avevano concesso la libertà a boss e agli amici dei boss. Vicenda conclusa? Non esattamente.
Perché anche se tutti o quasi i detenuti scarcerati sono nel frattempo tornati laddove meritano di stare, non è solo incredibile ma anche inaccettabile che criminali di tale spessore possano essere fatti uscire dal carcere con tanta facilità e disinvoltura senza che il governo ne sappia nulla. E che, solo grazie alle denunce della stampa, l’ineffabile ministro della Giustizia si renda conto di ciò che, all’ombra dell’emergenza coronavirus, sta accadendo nei penitenziari italiani e corra quindi ai ripari. Non è proprio un bel segnale. È invece la dimostrazione di un sistema in cui sono venuti a mancare i controlli necessari e che ha consentito alle organizzazioni mafiose di sfruttare l’epidemia per ritagliarsi spazi di azione e di libertà per i propri uomini. Un vero scandalo, che solo la crisi sanitaria ha evitato avesse conseguenze più serie sul governo e sul ministero della Giustizia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA domanda lapidaria. Ora che tutto sembra normalizzarsi, quando il ministro Bonafede rimette in carcere i mafiosi pericolosi liberati? Mi interessa un suo parere, direttore, e sapere se voi giornalisti potete fare pressioni o sollevare la questione in questa direzione. Nessuno ne parla più.
Arturo Seguso
Caro lettore,
i mafiosi vergognosamente fatti uscire dal carcere sfruttando l’emergenza virus, dovrebbero essere rientrati o fatti presto rientrare tutti nelle loro celle o in strutture sanitarie di sicurezza. Certamente la “libertà domiciliare” si è già conclusa per i più pericolosi tra i 376 detenuti, appartenenti o vicini alle organizzazioni mafiose, che hanno goduto nei mesi scorsi di questo particolare e (per loro) vantaggioso trattamento. Il primo a lasciare la propria abitazione e ad essere portato in una struttura sanitaria carceraria è stato Antonino Sacco, uno dei capi del mandamento mafioso del Brancaccio, storico quartiere di Palermo, che aveva incredibilmente ottenuto i domiciliari come misura per non essere contagiato dal coronavirus. Ma anche altri venti soggetti fra i più pericolosi sono stati rapidamente fatti tornare dietro le sbarre. Tutto ciò è stato reso possibile grazie a un decreto d’emergenza approvato all’inizio di maggio dal governo dopo che lo scandalo era esploso sui giornali e che ha imposto ai giudici di sorveglianza di rivedere con urgenza entro 15 giorni i provvedimenti che avevano concesso la libertà a boss e agli amici dei boss. Vicenda conclusa? Non esattamente.
Perché anche se tutti o quasi i detenuti scarcerati sono nel frattempo tornati laddove meritano di stare, non è solo incredibile ma anche inaccettabile che criminali di tale spessore possano essere fatti uscire dal carcere con tanta facilità e disinvoltura senza che il governo ne sappia nulla. E che, solo grazie alle denunce della stampa, l’ineffabile ministro della Giustizia si renda conto di ciò che, all’ombra dell’emergenza coronavirus, sta accadendo nei penitenziari italiani e corra quindi ai ripari. Non è proprio un bel segnale. È invece la dimostrazione di un sistema in cui sono venuti a mancare i controlli necessari e che ha consentito alle organizzazioni mafiose di sfruttare l’epidemia per ritagliarsi spazi di azione e di libertà per i propri uomini. Un vero scandalo, che solo la crisi sanitaria ha evitato avesse conseguenze più serie sul governo e sul ministero della Giustizia.