Anche se sono rientrati in carcere, quella dei mafiosi liberati "per il coronavirus" resta una vergogna

Sabato 30 Maggio 2020
Caro direttore,
domanda lapidaria. Ora che tutto sembra normalizzarsi, quando il ministro Bonafede rimette in carcere i mafiosi pericolosi liberati? Mi interessa un suo parere, direttore, e sapere se voi giornalisti potete fare pressioni o sollevare la questione in questa direzione. Nessuno ne parla più.

Arturo Seguso

Caro lettore,
i mafiosi vergognosamente fatti uscire dal carcere sfruttando l’emergenza virus, dovrebbero essere rientrati o fatti presto rientrare tutti nelle loro celle o in strutture sanitarie di sicurezza. Certamente la “libertà domiciliare” si è già conclusa per i più pericolosi tra i 376 detenuti, appartenenti o vicini alle organizzazioni mafiose, che hanno goduto nei mesi scorsi di questo particolare e (per loro) vantaggioso trattamento. Il primo a lasciare la propria abitazione e ad essere portato in una struttura sanitaria carceraria è stato Antonino Sacco, uno dei capi del mandamento mafioso del Brancaccio, storico quartiere di Palermo, che aveva incredibilmente ottenuto i domiciliari come misura per non essere contagiato dal coronavirus. Ma anche altri venti soggetti fra i più pericolosi sono stati rapidamente fatti tornare dietro le sbarre. Tutto ciò è stato reso possibile grazie a un decreto d’emergenza approvato all’inizio di maggio dal governo dopo che lo scandalo era esploso sui giornali e che ha imposto ai giudici di sorveglianza di rivedere con urgenza entro 15 giorni i provvedimenti che avevano concesso la libertà a boss e agli amici dei boss. Vicenda conclusa? Non esattamente.

Perché anche se tutti o quasi i detenuti scarcerati sono nel frattempo tornati laddove meritano di stare, non è solo incredibile ma anche inaccettabile che criminali di tale spessore possano essere fatti uscire dal carcere con tanta facilità e disinvoltura senza che il governo ne sappia nulla. E che, solo grazie alle denunce della stampa, l’ineffabile ministro della Giustizia si renda conto di ciò che, all’ombra dell’emergenza coronavirus, sta accadendo nei penitenziari italiani e corra quindi ai ripari. Non è proprio un bel segnale. È invece la dimostrazione di un sistema in cui sono venuti a mancare i controlli necessari e che ha consentito alle organizzazioni mafiose di sfruttare l’epidemia per ritagliarsi spazi di azione e di libertà per i propri uomini. Un vero scandalo, che solo la crisi sanitaria ha evitato avesse conseguenze più serie sul governo e sul ministero della Giustizia.
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