Tumore alla prostata, la nuova terapia: riduce del 38% il rischio di mortalità

Sabato 5 Giugno 2021
Tumore alla prostata, la nuova terapia: riduce del 38% il rischio di mortalità

Una nuova terapia per i pazienti con tumore alla prostata. Si tratta di una cura con radioligandi che consiste nell'uso combinato di un composto (ligando) capace di un'azione mirata di precisione e di un radioisotopo con attività terapeutica (particella radioattiva). Dopo la somministrazione per via endovenosa, il radioligando si lega al marcatore o recettore presente sulla cellula tumorale, esercitando l'effetto terapeutico grazie al radioisotopo, che danneggia le cellule tumorali bersaglio distruggendo la loro capacità di replicarsi o provocandone la morte.

I risultati fanno ben sperare: la terapia può ridurre del 38% il rischio di mortalità di chi ha la malattina in stadio metastatico e resistente alla castrazione. 

Ad annunciarlo è la società farmaceutica Novartis che ha reso noti i risultati dello studio Vision svolto in fase 3. Il Lu-Psma-617 ha infatti dimostrato, rispetto al migliore standard attuale di cura, un miglioramento della sopravvivenza globale e una riduzione del 60% del rischio di progressione del cancro. La ricerca sarà presentata il prossimo 6 giugno durante la sessione plenaria del congresso 2021 dell'Asco, l'American Society of Clinical Oncology. 

«Entriamo nell'era della medicina di precisione nel carcinoma della prostata con lo studio Vision - afferma Giuseppe Procopio, responsabile dell'Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano - Per la prima volta viene dimostrata l'azione antitumorale selettiva di un radiofarmaco, il lutezio, in pazienti con malattia in fase di resistenza alla castrazione. L'efficacia antitumorale del lutezio ha indotto un significativo vantaggio in sopravvivenza libera da progressione e globale in pazienti selezionati sulla base di un esame diagnostico innovativo quale la Pet Psma».

Per Ettore Seregni, direttore della struttura complessa della medicina nucleare della stessa Fondazione è prevedibile che questa terapia potrà essere eseguita in molti casi anche ambulatorialmente, senza quindi la necessità di ricovero del paziente. Le radiazioni emesse dal paziente, infatti, sono limitate e la radioattività si allontana in breve tempo, per cui, seguendo le opportune precauzioni ed indicazioni, non sono prevedibili rischi per caregiver e famigliari.

Ultimo aggiornamento: 6 Giugno, 10:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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