Migranti attaccati in mare dai pirati, fermati 4 tunisini: avrebbero rubato soldi, telefonini e motori delle imbarcazioni

L’inchiesta della procura di Agrigento

Lunedì 31 Luglio 2023 di Valentina Errante
Agguati in mare contro i migranti, fermati quattro tunisini: avrebbero rubato soldi, telefonini e anche motori delle imbarcazioni

Le vittime sono i disperati delle carrette del mare, i migranti sud-sahariani e asiatici che si avventurano nel Mediterraneo partendo da Sfax, in Tunisia, diretti sulle coste siciliane. Non devono far fronte soltanto al pericolo dei naufragi e all’imprevedibilità delle correnti e del vento, ma anche a quello dei pirati.

Perché diversi equipaggi di pescherecci tunisini hanno cessato di essere pescatori e si sono dedicati alla più lucrosa attività della pirateria. Inseguono in mare i barconi carichi di migranti per rubare i motori, i soldi e i telefoni cellulari. E se i disperati si oppongono agli assalti sbarrano il percorso alle carrette con i loro pescherecci, minacciano e intimidiscono i naufraghi con coltellacci. Sono diversi i casi sui quali la Procura di Agrigento, guidata dal reggente Salvatore Vella, ha lavorato nelle ultime settimane. Quattro nordafricani, dai 50 ai 43 anni, sono stati fermati, sono il comandante e dell’equipaggio del motopesca “Assyl Salah”. 

Il gip ha già convalidato i fermi, disponendo a carico degli indagati la custodia cautelare in carcere, contrariamente a quanto era accaduto nei giorni scorsi in un’operazione analoga, che si era però conclusa con la scarcerazione dei quattro indagati per difetto di giurisdizione. Per la prima volta è stato contestato il reato di pirateria marittima, previsto dalla Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare di Montego Bay e dal codice della navigazione italiano. Le pene previste sono fino a 20 anni di reclusione. 

Mamma e figlia di 6 anni morte di sete al confine fra Libia e Tunisia. Unicef: «Ogni settimana muoiono 11 bambini fra i migranti»

L’OPERAZIONE
I quattro tunisini sono stati fermati dalla squadra mobile di Agrigento, dalla sezione operativa navale della Guardia di finanza e dai militari della Guardia costiera di Lampedusa. Ad accusarli alcuni superstiti del naufragio, avvenuto il 23 luglio scorso, in acque Sar maltesi, nel quale sono risultati dispersi cinque migranti, tra cui un bambino. A bordo c’era anche il cadavere di 35enne ivoriana. I 37 che ce l’hanno fatta, originari di Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Camerun sono stati sbarcati a Lampedusa. Sedici sono stati portati nel poliambulatorio per ustioni e ipotermia. Hanno raccontato di essere partiti (erano in 43, forse 45, fra cui 3 bambini) da Sfax in Tunisia, il 22 luglio intorno alle 22. Il barchino sul quale viaggiavano si era ribaltato dopo che era stato avvicinato da un peschereccio tunisino che aveva tentato di rubare il motore dell’imbarcazione. 

I PRECEDENTI
Il racconto del tentato furto, per gli investigatori, non è stato una novità: alla fine di aprile una bambina di 4 anni è caduta in mare durante la traversata ed è annegata a causa dell’abbordaggio di un peschereccio tunisino che stava tentando di rubare il motore dell’imbarcazione. La prima volta che i sopravvissuti avevano parlato degli assalti in mare e dei furti era stato il 26 marzo. Una barca di 7 metri, con a bordo 42 persone, era stata trovata alla deriva e senza motore e i migranti avevano raccontato di un peschereccio tunisino il cui equipaggio li aveva derubati. 

IL FENOMENO
Quasi la metà dei barchini che vengono soccorsi sono senza motore. Le bande di tunisini, a bordo di pescherecci, che li assalgono rivenderebbero poi i motori agli scafisti. Ma i nuovi pirati non aggrediscono i connazionali, le imbarcazioni prese di mira sono quelle cariche di gambiani, ivoriani, guineani, senegalesi, sudanesi e burkinabé. 

La Procura ha avviato un lavoro di approfondimento del fenomeno con il comando generale delle Capitanerie, con il comparto aeronavale della Guardia di finanza e col mondo dell’accademia universitaria. Le informazioni acquisite sono state condivise con i Paesi esteri tramite i canali Interpol. «Questi arresti sono la conferma di quanto sia fondamentale contrastare l’immigrazione irregolare anche a tutela degli stessi migranti che finiscono nelle mani di criminali senza scrupoli che ne mettono a rischio la vita», ha commentato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che si è appellato, ancora una volta, al «dovere di tutti gli stati di agire insieme per sconfiggere questa piaga mondiale che riguarda i Paesi di origine, transito e destinazione delle vittime, per la maggior parte donne e bambini». 

Ultimo aggiornamento: 15:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci