Università, Bernini: «Contro la fuga dei cervelli più dottorati e borse per i talenti»

La ministra dell’Università: aumentiamo del 30% gli aiuti per chi rimane in Italia

Lunedì 10 Luglio 2023 di Lorena Loiacono
Università, Bernini: «Contro la fuga dei cervelli più dottorati e borse per i talenti»

Preparano la valigia, mettendoci dentro la loro preparazione e i titoli conseguiti in Italia, le idee e i progetti per il futuro, per portare tutto all’estero perché in Italia, per laureati e ricercatori, lo spazio è sempre troppo stretto.

Sono migliaia i laureati che ogni partono per altri Paesi e anche la ricerca lascia gli atenei italiani per quelli stranieri. Un fenomeno che va avanti da anni, da fermare. 

Anna Maria Bernini, ministra dell’università e della ricerca, sta partendo per Israele per stringere accordi che possano valorizzare i progetti universitari italiani: l’obiettivo del suo viaggio è allargare gli orizzonti internazionali della ricerca italiana?
«Abbiamo una collaborazione molto operativa con un Paese che come noi è all’avanguardia nella ricerca, con competenze anche complementari. C’è un forte interesse reciproco. Già a maggio ho incontrato il Ministro israeliano della scienza e dell’innovazione Ofir Akunis. A fine ottobre è in programma un vertice intergovernativo tra i due Paesi e ci stiamo portando avanti nel lavoro. Questo confronto ci prepara ad accordi importanti».

In che modo l’Italia può collaborare?
«L’Italia ha enormi capacità, umane e tecniche, e possiamo contribuire in modo determinante in molti ambiti della scienza, come le terapie geniche, il supercalcolo e le tecnologie quantistiche, l’agritech e la biodiversità, temi su cui si concentrano alcuni dei cinque Centri nazionali di ricerca che abbiamo creato con il PNRR. Sono realtà su cui c’è una forte convergenza di interesse».

Il governo punta molto su Einstein telescope, il rivelatore di onde gravitazioni di terza generazione che l’Italia è candidata ad ospitare in Sardegna. Quali saranno le ricadute per la ricerca?
«Einstein Telescope sarà una eccellenza mondiale, che può confermare il nostro primato scientifico su fisica e astronomia. Un percorso che non ha solo il fascino della scoperta ma che avrà la possibilità di sviluppi tecnologici ad ora impensabili. Realizzare ET significa occupazione, scambio scientifico, prospettive di sviluppo per il territorio. Di fronte a grandi infrastrutture scientifiche ci sono sempre altrettanto grandi e importanti applicazioni pratiche per il benessere quotidiano».

In Italia si parla spesso della fuga di cervelli, soprattutto nel campo della ricerca: con il Pnrr è stato possibile aumentare il numero dei ricercatori?
«Nell’ultimo anno il numero dei ricercatori è cresciuto del 10%. Grazie al Pnrr infatti abbiamo assunto 4mila ricercatori in più, una spinta importantissima per il settore ma che non basta. Dobbiamo fare di più, cercando di non disperdere questo prezioso capitale umano dopo il 2026».

Lo stesso vale per i dottorati: ci sono borse di studio a sufficienza?
«Siamo cresciuti in quantità e qualità, abbiamo stanziato risorse per finanziare 18.770 borse di dottorato che gli Atenei potranno attivare per il 2023-2024, il maggior numero sarà destinato ai dottorati “innovativi” finanziati insieme alle imprese. L’obiettivo è quello di rispondere al fabbisogno delle imprese di professionalità altamente qualificate e specializzate».

I vincitori di borse di ricerca, troppo spesso, portano i loro progetti nelle università estere dove si guadagna di più, come pensa di trattenerli in Italia?
«Diventando più competitivi e attrattivi, incentivando i ricercatori a rimanere in Italia e, allo stesso tempo, attraendone di nuovi dall’estero. Nel decreto PA abbiamo previsto, per questo, una norma premiale: i compensi dei ricercatori potranno crescere fino al 30% se decidono di portare da noi i finanziamenti ricevuti per progetti di ricerca come i Grant Horizon e i Marie Curie».

I ricercatori preferiscono portare le borse all’estero?
«Ad oggi, i vincitori di Grant possono lasciare l’istituto di provenienza e portare con sé la dote finanziaria».

Per trattenere in Italia i ricercatori si sta pensando ad altri incentivi?
«Certo, penso al welfare integrativo, una misura che ci mette al passo con l’Europa. È stata concessa una maggiore capacità di spesa agli atenei e agli enti di ricerca, che potranno destinare a tale scopo fino al 5% dei fondi ordinari che ricevono dal Ministero dell’università e della ricerca. Ed è stato eliminato il tetto di spesa storica per l’attivazione di contratti di ricerca negli atenei che attraggono finanziamenti PNRR o mediante bandi competitivi».

I ricercatori in Italia riescono a trovare spazio anche nel privato?
«Stiamo realizzando un patto tra pubblico e privato che prefigura, quindi, nuova occupazione qualificata. I dottorati “innovativi” vanno in questo senso. Il PNRR che li ha introdotti prevede un cofinanziamento alla pari tra Stato e imprese. In più sono previsti anche incentivi fiscali con 7.500 euro di sgravio contributivo per ogni ricercatore con dottorato assunto in azienda. È sicuramente un inizio, vogliamo fare molto di più».

Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 09:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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