Siti porno, una legge per bloccarli ai minorenni: per accedere ai portali a luci rosse servirà una app

La stretta non riguarderà i social network. Presto il tour di Meloni nelle “Caivano d’Italia”

Sabato 2 Settembre 2023 di Andrea Bulleri
Siti porno, una legge per bloccarli ai minorenni: per accedere ai portali a luci rosse servirà una app

L’intervento è annunciato «a stretto giro».

Questione di qualche settimana, il tempo di approfondire gli aspetti tecnici (per rendere il blocco “inaggirabile”) e quelli giuridici legati alla privacy. Ma la strada è segnata: il governo è al lavoro per fare in modo che i minorenni non possano più accedere ai siti con contenuti pornografici. Il cui accesso – in teoria – sarebbe già interdetto a chi ha meno di 18 anni. Il problema è come fare in modo che il blocco, oggi soltanto sulla carta (per superarlo basta schiacciare su «ho più di 18 anni»), impedisca davvero ai ragazzini di poter visualizzare migliaia di video hard, anche estremi, inadatti agli adolescenti. Ecco perché si va verso un meccanismo di accertamento dell’età degli utenti. Che dovranno dimostrare, documenti alla mano, di avere più di 18 anni. 

IL PIANO

Al piano sta lavorando la ministra Eugenia Roccella, titolare di Famiglia e Pari opportunità. Che con i tecnici sta passando al setaccio i sistemi implementati in altri Paesi, da diversi Stati degli Usa (per ora vietare i siti porno ai minori sono stati Louisiana, Utah, Virginia, Mississippi e Arkansas) fino alla Francia, dove lo stop è stato annunciato per settembre. Quel che è certo è che la stretta sarà operativa «in tempi rapidi». E che sarà limitata ai siti vietati ai minori: i social, per i quali dall’opposizione Carlo Calenda chiedeva limitazioni al di sotto di una certa età, resteranno fuori dal provvedimento. 

Del resto la nuova legge (se sarà un decreto o un ddl è presto per dirlo) è una delle richieste avanzate all’esecutivo dallo stesso don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, durante la visita di Giorgia Meloni e dei suoi ministri al Parco Verde. E rientra in un piano più ampio di contrasto alla violenza, di cui fa parte anche il tour nelle periferie che la premier ha intenzione di cominciare al più presto. Obiettivo: verificare di persona la situazione nelle tante Caivano d’Italia, da Nord a Sud passando per la Capitale. E accelerare sulla messa a disposizione delle risorse per la riqualificazione – stimate in circa 2 miliardi – stanziate a partire dal 2016. Si tratta perlopiù di fondi non spesi, rimasti incagliati da vincoli e lungaggini burocratiche, che Palazzo Chigi è al lavoro per sbloccare. Anche inviando squadre di tecnici nei comuni interessati per individuare le difficoltà, spesso legate ad autorizzazioni mancanti o ditte inadempienti. Un problema che riguarda circa 120 opere, per poco meno di 1.700 interventi di riqualificazione urbana. 

LA STRETTA

Ma se per lo sblocco dei cantieri potrebbe volerci comunque un po’ di tempo, sullo stop ai siti hard per i minorenni l’obiettivo è «andare veloci». Le opzioni al vaglio dell’esecutivo sono essenzialmente due. La prima va nella direzione di quanto in discussione in Francia, e ricalca una proposta lanciata nei mesi scorsi dal Garante della Privacy. Si tratterebbe, in sostanza, di prevedere un meccanismo di autenticazione per poter accedere ai siti con contenuti porno, che certifichi che l’utente ha almeno 18 anni. Per farlo, l’idea è quella di affidarsi ad app di terze parti (sugli store digitali come App Store e Google Play ne esistono già alcune) in grado, una volta caricato un proprio documento, di garantire per il sito in questione che chi sta effettuando l’accesso è davvero maggiorenne. 

Il vantaggio di questa procedura, secondo i tecnici, è duplice: si rende difficile aggirare il blocco e, allo stesso tempo, si evita di consegnare i tutti i propri dati – a cominciare dal nome e cognome – in mano alle piattaforme di siti hard, come avverrebbe invece se per l’accesso fosse richiesto lo Spid o la carta d’identità elettronica. Le app di terze parti, in questo modo, fungerebbero da documento di identità digitale: una sorta di lasciapassare in grado di schermare l’identità dell’utente, confermando solo la sua età. 

L’altra strada percorribile è demandare la stretta agli stessi gestori di siti. Prevedendo sanzioni pesanti per le piattaforme che non mettano in funzione filtri adeguati. Una norma più snella ma potenzialmente meno efficace. Lo dimostra – di nuovo – l’esperienza francese, dove una legge simile esiste dal 2020. E dove molti dei siti in questione hanno di fatto ignorato l’obbligo, al punto che Parigi ha deciso di cambiare strategia. Proprio come si appresta a fare Roma. 

Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 12:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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