REFRONTOLO (TREVISO) - «Hanno preso mio figlio, lo hanno immobilizzato puntandogli una pistola alla testa. Volevano i soldi. È stato terribile». Così la madre racconta quella lunga parentesi di terrore vissuta il 20 marzo scorso quando la banda di 4 ragazzi, due all’epoca minorenni gli altri poco più grandi, sono entrati con l’inganno nella villetta di via della Liberazione dei Doimo-Merkel a Refrontolo. Una serata da incubo, ricostruita nei minimi dettagli dai carabinieri del nucleo operativo e radiomobile di Vittorio Veneto. Appena scattato l’allarme è partita un’indagine minuziosa iniziata con la raccolta delle testimonianze delle vittime. I quattro banditi, armati di pistole poi risultate finte ma tremendamente identiche a quelle vere anche nel peso, sono entrati in casa con uno stratagemma: hanno bussato a una finestra e poi alla porta, quando il figlio 19enne ha aperto si è trovato di fronte un uomo dal volto travisato e con i guanti che lo ha spinto dentro con la forza. E dietro di lui sono entrati gli altri tre.
La sorpresa
La composizione della banda è stata ricostruita mettendo assieme i vari pezzi di un puzzle estremamente complicato. Gli investigatori hanno passato al setaccio le riprese di tutte le telecamere della zona, poi hanno allargato il giro ai lettori di targhe fino a individuare le auto sospette, restringendo poi un po’ alla volta il cerchio. Alla fine l’attenzione si è concentrata su quattro soggetti, italiani di seconda generazione con origini nell’est Europa. Le prove decisive sono state trovate pochi giorni fa, durante una serie di perquisizioni da cui sono emerse le pistole. Anche gli investigatori sono rimasti sorpresi dal tipo di arma usata: finta, ma priva del tappino rosso e del tutto identica alle armi reali, impossibile distinguerle. Due ragazzi, uno maggiorenne da poche settimane ma entrambi minorenni all’epoca dei fatti, sono stati denunciati in stato di libertà mentre gli altri due hanno le ore contate: i carabinieri sono sulle loro tracce e hanno in mano tutti gli elementi per individuarli.
Esperti
Nonostante la giovane età, non si tratterebbe di criminali improvvisati. I carabinieri ritengono che abbiano commesso altri atti simili, anche se non con la stessa violenza. «Quando sono entrati sapevamo cosa chiedere, cercavano denaro», hanno ricostruito le vittime. E infatti la convinzione degli investigatori è che all’origine di tutto ci sia un basista, qualcuno che conosceva bene la famiglia e sapeva che tenevano in casa delle somme anche di una certa consistenza. «Dateci i soldi», hanno subito detto i rapinatori. Hanno usato modi molti rudi insultando, spingendo e minacciando madre e figlio terrorizzati.
Uno di loro, a un certo punto, ha afferrato il 19enne immobilizzandolo e puntandogli la pistola alla tempia: «Dove sono i soldi? Muovetevi!», ha ripetuto con un tono che non ammetteva repliche. Una scena che ha gelato il sangue della madre che ha ceduto subito consegnando tutto quello che aveva. I quattro, visibilmente nervosi, si sono quindi fatti dare una busta con alcuni risparmi di cui però sapevano già dell’esistenza. Poi hanno arraffato anche le banconote contenute nel portafoglio di madre e figlio, in tutto un bottino di circa 8mila euro. Sono rimasti dentro la villetta per circa 20 minuti, si sono presi il loro tempo per rovistare nei mobili e nei cassetti buttando all’aria tutto e tenendo i padroni di casa sotto la costante minaccia delle armi. Una volta sicuri di aver preso tutto il possibile, sono fuggiti dileguandosi nel buio.