Gentiloni alla Bce: su Mps non cediamo. Frenata sul taglio dell'Irpef

Venerdì 30 Dicembre 2016 di Mario Stanganelli
Gentiloni alla Bce: su Mps non cediamo. Frenata sul taglio dell'Irpef
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Una conferenza di fine anno del governo che inusitatamente coincide con l'inizio del cammino del nuovo esecutivo. A sottolinearlo è lo stesso premier Paolo Gentiloni che per il suo esordio cita uno slogan sessantottino «ce n'est qu'un début», ma per sottolineare subito dopo la continuità dell'attuale governo con quello che lo ha preceduto. Continuità nella quasi identità della sua composizione. Continuità nel tenere fermo il timone sulla rotta delle riforme che costituivano l'ossatura del programma Renzi. Continuità in quello che appare sempre più un braccio di ferro con la Bce e Bruxelles sulla tutela dei risparmiatori nella vicenda Monte Paschi. Continuità, infine, con il perimetro della preesistente maggioranza che vede la formale esclusione dei verdiniani di Ala. Discontinuità invece sull'atteso taglio dell'Irpef, sul quale il premier non fa alcuna promessa.

I TEMI
Quanto alla sorte delle riforme alla luce della sconfitta referendaria, Gentiloni, rispondendo alle prime domande rivoltegli, ha affermato: «Non abbiamo finito e non abbiamo scherzato. Tutti devono essere consapevoli che il processo delle riforme andrà avanti nel tempo che abbiamo a disposizione, con le parole chiave: lavoro, Sud e giovani. Cancellare o relegare nell'oblio il lavoro del governo Renzi di cui ho fatto parte sarebbe un errore».

Altra vicenda nella quale il premier intende muoversi nel solco tracciato dal suo predecessore è quella del Mps: «Abbiamo messo in sicurezza il risparmio con il decreto salva-risparmio, la cui attuazione sarà lunga e complicata, non ce lo nascondiamo. Però una decisione è stata presa e sarà strategica». «Non sono abituatissimo e un po' mi ha colpito avere notizie così ex abrupto il giorno di Natale - ha aggiunto Gentiloni in riferimento alla lettera della Vigilanza della Bce su Monte Paschi - ma terremo il punto». In proposito il presidente del Consiglio si dice d'accordo col ministro Padoan, il quale ha chiarito che «il caso non si può chiudere con una semplice comunicazione e che ci sarà una dialettica con la Vigilanza europea, che durerà mesi e mi auguro sia produttiva ed efficace, altrimenti sarà una discussione più difficile. Noi riteniamo di aver fatto il giusto e il necessario per la salvaguardia dei risparmiatori». Quanto, infine, al fatto che per il salvataggio «si debbano mettere 6,6 miliardi e non 4,x - osserva Gentiloni - può essere oggetto di discussione, ma non può in alcun modo mettere in discussione la tranquillità, la capienza e la rilevanza del nostro intervento».

EUROPA PUNTIGLIOSA
E sul piano dei rapporti comunitari il premier ne ha anche per Bruxelles, in particolare su immigrazione e bilancio: «Il nostro punto è che non possiamo avere un'Europa con puntigliosa severità a corrente alternata: ipersensibilità sulle politiche dell'immigrazione e iperrigidità sulle politiche di bilancio. E' questo che rende l'Europa poco popolare».

Su un altra delicata vicenda come quella Mediaset-Vivendi, il premier sottolinea la «vigile attenzione» del governo, alla luce della «consapevolezza dell'importanza di Mediaset in Italia», ma rileva l'assenza di «golden power da esercitare in questo settore». Altro settore in cui Gentiloni appare reticente a prendere impegni è quello delle tasse, in particolare l'Irpef, su cui si dice «non in grado di fare un discorso serio sulla sua riduzione». Anche se questa sarebbe «un giusto coronamento delle forti riduzioni fiscali del governo Renzi. Non possiamo dire cose impegnative che poi rischiamo di non poter mantenere», afferma il premier con un occhio al calendario e alle scadenze che fronteggiano il suo esecutivo. In primo luogo le previsioni sulla sua stessa durata che Gentiloni, pressato dalle domande dei giornalisti, aggira con una considerazione lapalissiana: «Il governo va avanti finché ha la fiducia del Parlamento». Aggiungendo però che «la stabilità di un Paese dell'importanza come l'Italia sul piano internazionale, non può rendere prigioniera la democrazia. I governi - dice ancora Gentiloni - per definizione non hanno scadenza, ma non si tengono in vita se non riescono a fare il proprio dovere».

A questo punto il problema sarebbe quello dell'assenza di una legge elettorale omogenea tra Camera e Senato, ma non è il governo che sembra destinato a sciogliere questo nodo. Per Gentiloni, infatti, l'esecutivo «non farà una proposta» limitandosi, vista anche la distanza tra le posizioni nella stessa maggioranza, a «facilitare» la discussione tra partiti e in Parlamento.

Affrontati nella conferenza stampa una vasta gamma di argomenti di politica interna e internazionale, Gentiloni si è soffermato anche sul caso Roma, osservando da cittadino quirite che la Capitale dovrebbe «recuperare l'ambizione, dato fondamentale per questa città. Su questo punto - ha aggiunto - abbiamo fatto passi indietro. Oggi la competizione tra le metropoli si fa sui progetti. Rinunciare alle Olimpiadi è stato un errore». Ciononostante, il premier si è detto «disponibilissimo a incontrare Virginia Raggi e a lavorare nell'interesse della Capitale».
 

Ultimo aggiornamento: 31 Dicembre, 18:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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