Il binomio tra i leader e le spiagge è sempre stato accattivante.
Perché a settembre nella storia repubblicana non s’è votato mai. Adesso sarà la prima volta: il 25. Soltanto nel 1919 si votò in autunno, il 16 novembre, e fu la prima elezione italiana con il sistema proporzionale. Stavolta, non abbiamo il proporzionale per un soffio ma il Rosatellum nella campagna elettorale d’estate sarà inteso come un proporzionale assoluto: ogni partito giocherà per se. E subito Berlusconi sta facendo arrivare alla Meloni questo messaggio: «Giorgia, non sarai l’unica star. Io mi impegnerò al massimo in campagna elettorale, sono disposto ad andare pure sulle spiagge». Da dove non si schioderà, tra Milano Marittima e tutto gli altri litorali della Penisola, Matteo Salvini, il quale sarà applaudito magari dai balneari di cui s’è fatto paladino contro Draghi ma, occhio caro Matteo - gli dicono i leghisti laziali - ad evitare il lido La Lucciola di Lavino perché è quello dove andrà ad abbronzarsi Draghi che ha casa da quelle parti e non sarà contento di vederlo.
I grillini sono in parte ringalluzziti: «Con Dibba in campo, anzi in spiaggia, faremo faville». Il cantante stellato - probabile front-man con la Raggi della campagna M5S - sarà il corrispettivo politico di Jovanotti impegnato nel Jova Beach Tour. E Letta? «Saremo in tutti i luoghi di vacanza e nelle feste di partito. I nostri militanti devono vedere che abbiamo gli occhi di tigre e devono averceli pure loro». Non in campo largo ma in mare aperto (occhio a non annegare) si muoverà il Pd senza M5S. Ma con il partito di Di Maio. Che però, visto che si vota subitissimo, non farà in tempo a presentare un suo simbolo ma dovrà appoggiarsi a quello del Centro democratico di Tabacci. Diversi peones grillini sono disperati: «Altro che vacanze, dobbiamo vedere se ci conviene passare a Di Maio che magari ci dà un posto o restare con Conte sperando che ce lo dia lui».
Ieri nel cortile di Montecitorio questa scenetta. Tanti stellati e dimaiani, divisi ormai su tutto tranne che sul terrore di restare senza seggio, incrociano il dem Ceccanti - super-professore esperto di flussi e di collegi - e lo implorano: «Ti prego, dimmi qual è il seggio sicuro e chi me lo può assicurare... ». Grillo ha appena detto che non ci sarà il terzo mandato ma tutti dovranno partecipare alla campagna elettorale e si moltiplicano le proteste degli uscenti del tipo: «Io dovrei sbattermi per i mari e per i monti a fare propaganda ma non per me? Non esiste proprio....».
LA BREVITÀ’
Altra novità: sarà la campagna elettorale più breve di sempre. Mai ce n’è stata una durata meno di due mesi. «Perciò - ha avvertito la Meloni tutti i suoi - vi voglio abili e arruolati in continuazione. La villeggiatura? La faremo l’anno prossimo». Le feste di partito saranno ancora più importanti del solito. A Palermo la festa nazionale dell’Unità sarà il super-palco del format lettiano: quello di un partito che vuole arrivare al 30 per cento (Berlusconi si accontenta di passare dal 10 al 20 e Salvini non vuole dissanguarsi troppo in favore di Giorgia e la tampinerà in cielo, in terra e per mare). Niente Atreju a settembre per FdI proprio perché «staremo tutti in campagna elettorale», dicono nella sede di via della Scrofa, ma si punterà ad Atreju a Natale (come prima kermesse con Giorgia premier, se lo sarà) e intanto le «feste patriottiche» in cui la cifra della campagna meloniana verrà fuori così: ma quali populisti, siamo pieni di idee costruttive e di programmi e dotati di una classe dirigente all’altezza di governare. Che sarà quanto il Pd si affannerà a negare. Il progetto lettiano è questo: raccogliere tutti i draghiani d’Italia (scaricati i grillini, si mira a convogliare nel «mare aperto» Renzi, Calenda e i centristi) e scatenare una campagna aggressiva incentrata sul «draghicidio» e sul pericolo nero: l’amica Giorgia, con cui Letta va personalmente d’accordissimo e hanno fatto tandem modello Sandra e Raimondo negli ultimi due anni, ridiventerà la Ducetta o la Duciona. Ma occhio: la demonizzazione dell’avversario ha sempre portato sfortuna alla sinistra. Dall’altra parte, Berlusconi sta già al lavoro a un programma-manifesto in 20 punti (flat tax e via dicendo) che dovrà avere in calce le firme sue, di Meloni e di Salvini (gli piacerebbe uno show televisivo dove siglarlo, sull’esempio del Contratto con gli italiani inscenato da Vespa) e tutti e tre finalmente insieme lo dovrebbero presentare in tour lungo l’Italia infuocata più per il caldo atmosferico che per la bruciante passione politica dei cittadini che è la vera incognita di questa campagna d’estate. Il rischio è, appunto, che questa stagione elettorale fuori stagione finisca per allontanare ancora di più gli italiani dalla politica e per aumentare la loro voglia di essere lasciati in pace ad abbronzarsi e a giocare a racchettoni.