Il Cavaliere: «Oggi non sarò in aula,
una sentenza politica basata sul nulla»

Venerdì 4 Ottobre 2013 di Ettore Colombo
Il Cavaliere: «Oggi non sarò in aula, una sentenza politica basata sul nulla»
ROMA E’ una sentenza politica fondata sul nulla! Non sar in Giunta del Senato, ma abbiamo presentato una memoria difensiva. Parla così l’ex premier mentre, uscendo da Palazzo Madama, viene letteralmente assediato da tv e taccuini. «Sono assolutamente convinto che dalla Corte europea otterrò la revisione del processo e l’annullamento della sentenza», aggiunge scuro in volto. Anche in merito alla profonda e drammatica spaccatura in corso nel suo partito, Berlusconi prova a minimizzare: «Vedo e leggo che si parla di dissapori. Non c’è nulla. Ho parlato per due ore con Alfano (a palazzo Grazioli, ma dopo un altro, ben più drammatico e durissimo incontro notturno, ndr). C’è stato solo qualche contrasto interno. Hanno tanto detto che il nostro è un partito di plastica, senza interlocuzione. Invece abbiamo personalità autonome. Non ho mai amato coloro che sono sempre d’accordo con il Capo, anche quando ero in azienda, perché non sono bravi collaboratori». Del resto, come notano maliziosi forzisti della prima ora, Alfano a Berlusconi dà tutt’ora del lei e lo chiama Dottore, mentre sono e restano pochissime le persone che sono autorizzare al «tu» e al «Silvio»...



NIENTE COLPO DI TEATRO

Il Cavaliere, però, si era affacciato a palazzo Madama non per vedere, come si era pensato in un primo momento, i membri pidellini della Giunta per le Immunità (tra i quali figurano pure gli scissionisti Augello e Giovanardi) al fine di inventarsi qualche coup de theatre da sfoderare oggi in Giunta. Cose “alla Berlusconi” tipo presentarsi lui, in Giunta, all’improvviso, cosa che invece non farà, anche se resterà ad attendere il verdetto a Roma e dovrebbe volare alla volta di Arcore o in serata o, addirittura, solo domani. L’ex premier ha avuto invece colloquio di un’ora e mezza con Schifani, capogruppo dei suoi senatori. Quelli che - a forza di fargli sapere tremebondi e per vie traverse (quasi tutti) o dicendogli in faccia (pochi: tra cui Paolo Romani) che la fiducia al governo Letta andava votata onde evitare ulteriori guai e una scissione devastante – lo hanno deluso, amareggiato, ferito. E, dopo il ”tradimento” del figlio prediletto, Angelino Alfano, e di alcune deputate che Berlusconi ha cresciuto politicamente per un decennio, ieri stava per materializzarsi anche quello di un altro suo (ex) fedelissimo, Renato Schifani.



FINE DI UN VENTENNIO

Non a caso, ben due uomini dell’ex presidente del Senato l’altra notte hanno firmato entrambi il documento degli scissionisti. Una cosa mai vista, dentro l’impero berlusconiano – aziendale prima, politico poi – tanto che lo stesso Cav, sempre ai giornalisti, prova a scherzarci su: «Se è vero che il mio ventennio è finito, vorrà dire che ora mi riposo». La verità è che il Pdl-FI plasmato dal Cav in vent’anni di fatiche sta perdendo pezzo per pezzo, regione per regione, molti dei suoi esponenti e che Alfano e i suoi, in cambio della sospensione dell’annunciata scissione, chiedono, perentori, le teste di Santanché, Verdini, Bondi e pure Sallusti... Un’altra brutta giornata, dunque, quella di ieri, per il Cav, e una settimana drammatica che non è ancora finita. A tarda sera, per risollevarne l’umore, arrivano a Grazioli i suoi fedelissimi. Gli portano in dote le 100 e oltre firme di parlamentari lealisti raccolte dall’organizzatore Denis Verdini, protagonista, secondo l’Huffington Post, di un alterco durissimo con Alfano.
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