Nell'arco di dieci anni è stato sottoposto ad una decina di ricoveri ospedalieri e cinque interventi; una situazione sempre più grave quella di un uomo che all'epoca aveva 52 anni, oggi dieci in più, residente a Schio, provincia di Vicenza, vittima di una serie di diagnosi errate ed operazioni eseguite male, che gli hanno fatto attraversare un vero e proprio calvario. Fino all'epilogo: la perforazione dell'intestino che lo ha costretto a vivere in una condizione altamente invalidante.
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Cosa è successo
Nel 2013, racconta il Giornale di Vicenza, a causa di forti dolori addominali, l'uomo si recò all’ospedale Alto Vicentino di Santorso, dove venne subito ricoverato per una sospetta diverticolite, ma dimesso qualche giorno dopo. Ad agosto, in seguito a continui dolori, fu ricoverato per eseguire una colonscopia; ma l'esame diagnostico, ritenuto una routine, purtroppo provocò la perforazione dell'intestino, il vero inizio del calvario. Per un anno fu sottoposto a diversi interventi e continui trattamenti finché non ha deciso di rivolgersi ad un altro centro ospedaliero specialistico, l’Azienda Ospedaliera-Università di Padova.
Prosegue l'inferno
Anche qui ricoveri ed interventi fino al 2015, quando è stata praticata una colostomia terminale e definitiva, cioè un'apertura artificiale dell’intestino per deviare il flusso delle feci verso l’esterno, attraverso la parete addominale. Altri errori diagnostici e di intervento, riconosciuti dal tribunale, che hanno segnato in modo irreversibile la vita dell'uomo, costretto a vivere con una sacca esterna dove convergono le sue feci.
Sfinito dalla situazione, il paziente si è rivolto ad uno studio di avvocati per avviare una richiesta di risarcimento. «Nessuna delle due strutture sanitarie coinvolte ha voluto ammettere le proprie responsabilità: non è stato nemmeno possibile avviare un dialogo per intavolare una trattativa», le parole di Massimo Gottardo, responsabile dello studio vicentino.
La risposta degli ospedali
I due ospedali, avendo agito con correttezza e nel rispetto delle linee guida - sostengono i legali - non avrebbero avuto responsabilità. Questa è stata la linea di difesa, bocciata dal tribunale che sulla base di perizie di specialisti, ha ritenuto, al contrario, che i medici avrebbero dovuto studiare meglio la fase preoperatoria ed avrebbero avuto alternative alla situazione estrema in cui è costretto a vivere il pensionato, oggi 62enne.