IL CASO

Strage Samarate, ergastolo per Alessandro Maja. Il figlio sopravvissuto: «Giusto così, non lo perdonerò mai»

L'imputato, oltre ad aver ucciso moglie e figlia, il 4 maggio 2022 ferì in modo grave l'altro figlio

Venerdì 21 Luglio 2023

Ergastolo per Alessandro Maja

Alessandro Maja, 57 anni, è stato condannato oggi pomeriggio all'ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno dalla Corte d'Assise di Busto Arsizio (Varese), per il duplice omicidio della figlia Giulia, 16 anni, e della moglie Stefania Pivetta, 56 anni, e per il tentato omicidio del figlio maggiore Nicolò, colpiti a martellate nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022, nella loro villetta a Samarate (Varese). La sentenza è arrivata dopo 5 ore di camera di consiglio. Nicolò, 21 anni e unico sopravvissuto, era presente in aula. L'accusa aveva chiesto l'ergastolo e 18 mesi di di isolamento e la difesa le attenuanti generiche e il riconoscimento del vizio parziale di mente.

La Corte d'Assise di Busto Arsizio (Varese) è entrata in camera di consiglio al termine del processo nei confronti di Alessandro Maja, il 57enne interior designer a processo per l'omicidio della figlia Giulia, 16 anni, della moglie Stefania Pivetta, 56 anni, e per il tentato omicidio del figlio maggiore Nicolò, 21 anni. Il sostituto procuratore Martina Melita, nella scorsa udienza, ha chiesto per Maja la condanna all'ergastolo, mentre la difesa ha chiesto le attenuanti generiche e il riconoscimento del parziale vizio di mente, per poi rinunciare alle repliche di oggi. 

Maja, che ha già rinunciato all'eredità della moglie in favore del figlio, ad oggi non ha mai spiegato le ragioni del suo gesto. Inizialmente gli investigatori avevano ipotizzato una possibile fine del matrimonio, poi sconfessata, come movente della strage familiare, per poi concentrarsi su ipotetici dissesti economici. Anche in questo caso, però, dalle verifiche non era emersa alcuna difficoltà finanziaria. Dopo aver colpito nel sonno con un martello i tre familiari, Maja era uscito sul balcone, gridando «li ho uccisi tutti, bastardi», una frase che non ha mai saputo spiegare e che più volte ha ribadito di non ricordare.

Ad attendere la sentenza, oltre agli avvocati di parte civile, c'è Nicolò (che indossa la solita maglietta con raffigurato il viso di Giulia e Stefania, sorella e mamma), per la prima volta in piedi, senza sedia a rotelle. Il giovane infatti, a fronte delle gravi ferite riportare, ha trascorso diversi mesi in ospedale ed è stato sottoposto a una serie di interventi chirurgici. Al suo fianco, fin dal primo giorno, così come oggi in aula, lo zio Mirko, con cui il giovane vive da quanto la sua famiglia è stata distrutta. La decisione della Corte è attesa nelle prossime ore.

 

Ultimo aggiornamento: 22 Luglio, 14:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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