Anita Sperone, la 25enne che ha salvato una donna dall'ex compagno: «La minacciava al telefono e ho chiamato i poliziotti»

Il racconto della 25enne che ha salvato una donna facendo arrestare l’ex compagno. «Ero sul bus vicino a quell’uomo, urlava che avrebbe ammazzato lei e la bambina»

Giovedì 7 Dicembre 2023 di Luisa Urbani
Anita Sperone: «La minacciava al telefono e ho chiamato i poliziotti»

«L’ho visto entrare sull’autobus e pronunciare al telefono parole irripetibili. Minacciava una donna dicendole che l’avrebbe uccisa. Era furioso da far paura. Mi sono sentita in dovere di chiamare la polizia», racconta ancora rabbiosa Anita Sperone, 25enne calabrese che vive a Roma da anni. 


Un gesto coraggioso il suo.

Un gesto che ha consentito di salvare una donna e la sua bimba di 2 anni facendo arrestare l’uomo che le minacciava da tempo. È grazie a lei che gli agenti del V distretto Prenestino e del VII Distretto San Giovanni hanno individuato e rintracciato l’uomo: un cittadino cubano di 32 anni, che ora si trova in carcere con l’accusa di atti persecutori nei confronti dell’ex compagna.


Anita Sperone, che cosa è successo il pomeriggio del 25 novembre?
«Una data che non dimenticherò mai, anche perché coincide con la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una coincidenza assurda. Ero sull’autobus 452, direzione Centocelle. Erano circa le 17.30, quando entra questo tipo, secondo me ubriaco. Era furibondo, sbraitava al cellulare. Sentivo che parlava con una ragazza in modo violento».


Cosa diceva alla donna?
«Vengo a buttarti l’acido addosso. A te e tua figlia. Se non me la fai vedere vi ammazzo a tutte e due. Poi le diceva offese impronunciabili. Insultava anche la madre di questa donna».


E lei cosa ha fatto?
«Ho preso il mio cellulare e ho registrato la conversazione. Avevo capito che lui stava andando con l’autobus proprio a casa della donna. Non c’era tempo da perdere. Appena è sceso alla sua fermata io, restando sul bus, ho immediatamente chiamato la polizia dicendo che avevo assistito alla scena e che avevo la registrazione del dialogo».


E poi?
«Ho consegnato alla polizia l’audio e il 27 novembre sono andata in commissariato per raccontare la mia versione. Poi, il giorno dopo, mi hanno contattata dal commissariato Prenestino dicendomi che dovevo andare lì per identificare l’uomo, che nel frattempo erano riusciti a rintracciare anche perché lui aveva pronunciato più volte il nome della donna. E nella registrazione si sentiva. La sera stessa mi hanno ricontatta per dirmi che l’uomo era stato arrestato». 


Lei poteva girarsi dall’altra parte e fare finta di niente, come hanno fatto tutte le altre persone sull’autobus...
«Sì, ma non mi sarei sentita con la coscienza a posto. Io sono fiera di quello che ho fatto e lo rifarei. Ho agito pensando soprattutto alla figlia di questa donna. L’unico modo per mettere fine a queste situazioni è denunciare. Denunciare ma anche insegnare alle persone ad amarsi realmente e a riconoscere atteggiamenti tossici. Atteggiamenti che poi sfociano in violenza».


Lei è stata coraggiosa. Non ha avuto paura?
«Forse un po’, ma non potevo tirarmi indietro. Ne ho vissute troppe di scene simili. Magari erano meno violente però comunque pericolose. Ho tante amiche che vivono relazioni tossiche e il problema è che non se ne rendono conto. Continuano a stare con questi uomini che impediscono loro, ad esempio, di pubblicare foto sui social dove sono troppo appariscenti. Ma loro non lo capiscono. Ed è per questo che dovrebbero intervenire persone esterne al rapporto: per rendere la coppia consapevole della tossicità e della pericolosità della relazione. E per persone non intendo solo amici o conoscenti, ma anche professionisti. Servirebbero dei supporti psicologici per evitare che certi rapporti finiscano in tragedia. Mi auguro che vengano usati dei fondi per fornire assistenza psicologica nelle scuole. Da lì secondo me bisogna partire».


Grazie al suo intervento infatti una, anzi due, vite sono state salvate...
«Sì. E ne sono davvero felice. Mi dispiace per questo uomo, ma sono felice che due persone ora siano salve. Tutti dovrebbero denunciare. Non solo chi subisce le violenze, ma anche chi le vede. Solo così diamo la possibilità a chi di dovere di intervenire. Solo così possiamo cambiare le cose e salvare molte vite. Certo, con la mia chiamata non ho cambiato il mondo, ma chissà come sarebbe finita senza la mia denuncia».
 

Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 08:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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