Covid, dopo la pandemia la Sanità non riparte: tagli alle case di comunità

Ferma la rivoluzione della medicina del territorio. E si affollano i pronto soccorso

Lunedì 21 Agosto 2023 di Mauro Evangelisti
Covid, dopo la pandemia la Sanità non riparte: tagli alle case di comunità

C’erano una volta le «case di comunità», gli «ospedali di comunità», la promessa di una risposta più vicina e immediata al cittadino che ha un problema di salute. Doveva essere la rivoluzione del “dopo Covid”, per ora non è cambiato nulla, anzi c’è stato un taglio del 30 per cento delle strutture previste.

E resta, malinconicamente, la stessa corsa ai pronto soccorso anche per sintomi banali da codice bianco o verde, che causa attese, affollamento e un servizio peggiore. Certo, una riforma di questo tipo non può avvenire in pochi mesi, ma ciò che traspare non è incoraggiante: i piani sono già meno ambiziosi e gli ostacoli sembrano insormontabili.

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LIMITI
«Sa qual è il problema? Anche quando si riuscirà a completare le “case di comunità” programmate, poi bisognerà riempirle di persone, di professionisti. Oggi ogni anno vanno via 5.000 medici in pensione. A questi vanno aggiunti coloro che si dimettono perché sono stanchi o perché accettano offerte dall’estero o dai privati. Non solo: queste strutture dovranno avere vocazione infermieristica, ma in Italia continua a esserci carenza anche di infermieri». L’analisi è di Dario Manfellotto, presidente della Fondazione Fadoi, la società scientifica di medicina interna. Pochi giorni dopo la pubblicazione della circolare del Ministero della Salute che revoca l’obbligo di isolamento per chi è contagiato dal Covid, si può dire che anche l’ultima misura che aveva caratterizzato la gestione della pandemia è stata annullata. E di fatto si può affermare che l’emergenza è finita. Sia chiaro: ovviamente il virus continua a circolare, ma può essere gestito con misure ordinarie. Bene, uno dei mantra che ci ha inseguito, nel corso della durissima esperienza del Covid, è che l’Italia doveva rafforzare la presenza della “sanità sul territorio”, realizzando strutture con dottori e infermieri diffuse nelle città in modo da offrire un’alternativa agli studi dei medici di base e alla corsa nell’imbuto dei pronto soccorso.

I tempi per attuare una rivoluzione di questo tipo non possono essere brevi, ma ciò che emerge è che rispetto ai piani iniziali ci sono stati dei tagli a causa dell’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. Qualche settimana fa il governo ha definito la proposta di revisione dell’utilizzo dei fondi del Pnrr, con una sforbiciata netta per case di comunità e ospedali di comunità da costruire o ristrutturare. Per le case di comunità siamo a una riduzione che supera il 30 per cento, visto che delle 1.350 programmate ne saranno realizzate solo 936. Per gli ospedali di comunità c’è una rinuncia del 25 per cento, visto che rispetto ai 400 del target iniziale si scende a 304. Le Regioni, quando è stato annunciato l’uso delle forbici, hanno protestato, denunciando di essere state informate a decisione ormai presa. Il Ministero della Salute ha precisato che comunque i progetti cancellati saranno ripescati con fondi diversi da quelli del Pnrr. Ma la sintesi è brutale: rispetto al decennio scorso, epoca “pre Covid”, chi si rivolge oggi al sistema sanitario nazionale trova esattamente lo stesso scenario che c’era allora, con le stesse debolezze. C’è qualche medico e infermiere in più nei reparti, ma comunque siamo lontani dai numeri necessari; c’è il personale sempre più anziano e stanco; ci sono pronto soccorso sempre più affollati di pazienti e sguarniti di camici bianchi. E c’è lo spettro dell’indebolimento della rete dei medici di base, visto che si stima che fino al 2027 ne andranno in pensione decine di migliaia e il ricambio con i nuovi entrati risulta insufficiente. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha ben chiaro il problema e in un incontro pubblico aveva spiegato: «La professione del medico di famiglia oggi sconta un calo di attrattività se si considera che i posti che vengono messi a concorso per la formazione dei medici di famiglia spesso non vengono completamente coperti. Bisogna andare verso una medicina di famiglia che venga equiparata a una scuola di specializzazione».

SCENARI
Il futuro è il futuro, il presente racconta ancora di una sanità “ospedale-centrica” quindi con le stesse debolezze “pre Covid”. Dice la segretaria generale di Cittadinanzattiva, Anna Lisa Mandorino: «Per la sanità di territorio sembra proprio che i progetti siano fermi al palo. A maggio abbiamo pubblicato un rapporto sulle segnalazioni che arrivano alla nostra organizzazione da parte dei cittadini che denunciano carenze della sanità. Rispetto agli anni passati, per la prima volta c’è stato un cambiamento che mi ha colpito: prima la maggioranza delle denunce riguardava gli ospedali, oggi c’è equilibrio con quelle legate alla sanità di territorio e alla prevenzione. In altri termini: anche i cittadini hanno capito che la sanità non si può più fare solo negli ospedali. Purtroppo, però, serve molto tempo per vedere l’effetto dei cambiamenti, le scelte con il Pnrr sono di lungo orizzonte. Ma la contrazione del numero di case comunità previste già rappresenta un pessimo segnale».
 

Ultimo aggiornamento: 22 Agosto, 10:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA