Caso Guggenheim: i nipoti americani
fanno causa ma non sono eredi

Venerdì 16 Maggio 2014
Caso Guggenheim: i nipoti americani fanno causa ma non sono eredi
VENEZIA - Come nei copioni cinematografici quando si intrecciano personaggi famosi, arte e soldi i colpi di scena non mancano. Stavolta - anche se la storia è sempre quella dell'americana Peggy Guggenheim che nel 1970 dona la sua dimora veneziana, Palazzo Venier dei Leoni, alla Fondazione Solomon R. Guggenheim e nel 1976, sempre alla Fondazione, dona anche la sua collezione d'arte - viene però lanciato un colpo basso contro i "nipoti". Quelli che vorrebbero l'eredità di nonnina sostenendo che le sue cose sono, alla fin fine, "maltrattate" e non lasciate come lei avrebbe voluto.



Dopo bordate di carte bollate e lettere degli avvocati, la Fondazione con la portavoce di New York che tira un duro colpo (legale) ai "nipotini".



«I due nipoti di Peggy Guggenheim, che con i rispettivi figli hanno intentato questa causa, Sandro Rumney e Nicolas Hélion - spiega la Fondazione americana - sono discendenti di Peggy Guggenheim ma non sono suoi eredi e non compaiono nel suo testamento. Peggy Guggenheim ha lasciato il suo intero patrimonio al figlio Sindbad Vail, che ne è stato anche unico esecutore. Il sig. Rumney e il sig. Hélion sono figli dell'unica figlia femmina di Peggy Guggenheim, Pegeen Vail. I figli di Sindbad Vail non hanno alcun ruolo in questa causa, hanno anzi espresso il proprio disappunto e sostenuto i successi ottenuti dalla Fondazione a Venezia».



Colpiti e affondati? Forse, ma non basta in questi casi. «Tre nipoti di Peggy Guggenheim e una sua pro-nipote - aggiunge Eleanor Goldhar - hanno scritto lettere di supporto al caso, incluse nel dossier della Fondazione, in cui esprimono la loro convinzione che la Fondazione abbia sempre onorato il volere della nonna». Insomma non tutti i nipoti sono coerenti e non tutti aggressivi. E poi c'era già stata una causa (persa nel 1992 dai "nipotini") e i risvolti svelati dalla Fondazione sono interessanti. In sostanza la causa intentata dal Rumney e da Hélion (e dal fratello scomparso David Hélion) davanti alla corte parigina finisce nel 1994 con il Tribunal de Grande Instance de Paris che respinge le accuse del 1992 sostenendo che “gli unici atti legalmente applicabili non vincolavano il lascito di Peggy alla Fondazione ad alcuna condizione speciale”. «La corte - ricorda la Fondazione - congedò la causa e condannò Sandro Rumney e Nicolas e David Hélion a pagare alla Fondazione i danni, oltre alle spese processuali». Ma i due fanno appello. Invece che continuare "l'annosa questione e i costi di una lite effimera" la Fondazione pattuisce un accordo contribuendo con 30.000 dollari per le spese legali della causa persa dai querelanti. Mentre Sandro Rumney e Nicolas Hélion riconoscono esplicitamente “l'esclusivo diritto della Fondazione di esercitare il proprio controllo sulla conservazione della Collezione e sull'allestimento delle opere d'arte nel palazzo” e che la Fondazione ha carta libera nello scegliere il numero giusto di opere da presentare di volta in volta”. Perché allora - chiede la Fondazione - i ricorrenti che insistono che nessuna opera, al di fuori di quelle appartenute a Peggy Guggenheim, venga esposta mentre tra il 1999 e il 2013 loro stessi sono stati i promotori ed organizzatori di 14 mostre di opere totalmente estranee alla Collezione Peggy Guggenheim»? Gran bella domanda. (a.f.)
Ultimo aggiornamento: 10:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA