LONGARONE - Lì, dove è nato, ora tornerà a riposare. Finalmente in pace. Perché la Sla, la terribile Sclerosi laterale amiotrofica, a poco a poco gli ha tolto tutto: la possibilità di camminare, l'autonomia, la parola. Fino alla vita.
Una vita che si è spenta lo scorso 5 luglio. Ma la "bestia", secondo l'efficace definizione del protagonista di questa storia, non ha potuto sradicare il suo amore per la terra d'origine: il Longaronese.
La stessa terra dove sabato verranno sparse le ceneri di Vittorino De Cesero: precisamente, ai piedi del Cimon ("Rece del Gat"), vicino a Rizzapol. Fra due giorni, l'urna contenente i resti di Vittorino raggiungerà Igne e, dopo una sosta in chiesa, sarà condotta attraverso la valle del Grisol fino alla casera dei nonni. Tornare a casa era il suo ultimo desiderio, comunicato con l'uso degli occhi.
E verrà rispettato. Quella di Vittorino è una storia di emigrazione e di sacrifici. Come tante, eppure unica nel suo genere: papà Arduino, nativo di Igne, e mamma Lucia, di Podenzoi, si lasciano alle spalle le sofferenze della guerra e, insieme al fratello Leo, partono con il loro carretto di gelati verso il Piemonte.
Vittorino li segue: inizialmente, solo nel periodo estivo, perché la scuola invernale è a Igne. Terminati gli studi, però, sceglie un'altra strada rispetto ai genitori. E diventa un tecnico specializzato nella fusione dei metalli. Nel frattempo, coltiva due passioni: il calcio (giocherà a buoni livelli nel Settimo Torinese) e la montagna. Tanto è vero che nel Longaronese torna non appena può, per lunghe e intense passeggiate tra le sue valli.
Si sposa alle porte degli anni Settanta con Giorgina e mette al mondo due figli: Massimo e Monica. Il suo lavoro è a Settimo Torinese prima, nelle Marche e nel Bergamasco poi: le radici, però, rimangono sempre saldamente piantate nelle Dolomiti. Dopo anni di duro lavoro, nel 2003 scocca l'ora della meritata pensione. Ma la Sla si manifesta con cinica puntualità: alla lunga, Vittorino si ritrova immobilizzato a letto, lontano dalla sua terra. Una terra che ora è pronta a riabbracciarlo. Per sempre.
Ultimo aggiornamento: 17:54
© RIPRODUZIONE RISERVATA Una vita che si è spenta lo scorso 5 luglio. Ma la "bestia", secondo l'efficace definizione del protagonista di questa storia, non ha potuto sradicare il suo amore per la terra d'origine: il Longaronese.
La stessa terra dove sabato verranno sparse le ceneri di Vittorino De Cesero: precisamente, ai piedi del Cimon ("Rece del Gat"), vicino a Rizzapol. Fra due giorni, l'urna contenente i resti di Vittorino raggiungerà Igne e, dopo una sosta in chiesa, sarà condotta attraverso la valle del Grisol fino alla casera dei nonni. Tornare a casa era il suo ultimo desiderio, comunicato con l'uso degli occhi.
E verrà rispettato. Quella di Vittorino è una storia di emigrazione e di sacrifici. Come tante, eppure unica nel suo genere: papà Arduino, nativo di Igne, e mamma Lucia, di Podenzoi, si lasciano alle spalle le sofferenze della guerra e, insieme al fratello Leo, partono con il loro carretto di gelati verso il Piemonte.
Vittorino li segue: inizialmente, solo nel periodo estivo, perché la scuola invernale è a Igne. Terminati gli studi, però, sceglie un'altra strada rispetto ai genitori. E diventa un tecnico specializzato nella fusione dei metalli. Nel frattempo, coltiva due passioni: il calcio (giocherà a buoni livelli nel Settimo Torinese) e la montagna. Tanto è vero che nel Longaronese torna non appena può, per lunghe e intense passeggiate tra le sue valli.
Si sposa alle porte degli anni Settanta con Giorgina e mette al mondo due figli: Massimo e Monica. Il suo lavoro è a Settimo Torinese prima, nelle Marche e nel Bergamasco poi: le radici, però, rimangono sempre saldamente piantate nelle Dolomiti. Dopo anni di duro lavoro, nel 2003 scocca l'ora della meritata pensione. Ma la Sla si manifesta con cinica puntualità: alla lunga, Vittorino si ritrova immobilizzato a letto, lontano dalla sua terra. Una terra che ora è pronta a riabbracciarlo. Per sempre.