Choc a Trieste: detenute cercano di
rimanere incinte per essere scarcerate

Mercoledì 4 Maggio 2011
(archivio)
TRIESTE - Alle carceri del Coroneo di Trieste alcune detenute avrebbero tentato di rimanere incinte con il seme "donato" dai colleghi maschi per usufruire delle misure alternative alla detenzione per le donne in attesa di un bambino.



La vicenda è raccontata dal quotidiano Il Piccolo: secondo una prima ricostruzione i detenuti raccoglierebbero il proprio seme in guanti di lattice che verrebbero lanciati dalle finestre alle donne in attesa durante l'ora d'aria. Queste poi lo inserirebbero nel corpo servendosi dell'involucro esterno di penne biro o di spray nasali svuotati del medicinale. Il Coroneo è uno dei pochi carceri italiani ad ospitare, nella stessa struttura, detenuti maschi e femmine.



Il direttore dell'istituto, Enrico Sbriglia, in aspettativa per motivi elettorali, ha ammesso la questione. «Casi di inseminazione artificiale andati a buon fine non ce ne sono stati - ha assicurato - abbiamo fatto un'indagine interna e interrogato a lungo le detenute. Ora che le modalità sono note e le guardie istruite - ha concluso - è difficile che ci sfuggano i segnali di questa pericolosa pratica». A preoccupare il direttore Sbriglia, attualmente in aspettativa elettorale, era il pericolo di contagio tra detenuti, alcuni dei quali ex tossicodipendenti e sieropositivi.



La Procura di Trieste per ora non ha aperto alcun fascicolo sugli episodi. Il Procuratore capo Michele Dalla Costa ha infatti spiegato che manca la notizia di reato. Gli unici aspetti che potrebbero avere dei riscontri penali potrebbero essere quello del possibile contagio attraverso il liquido seminale - ipotesi finora senza riscontro come confermano gli esami sanitari periodici a cui vengono sottoposti i detenuti - e quello di falsità per ottenere misure alternative, anche questo scartato in quanto nessuna detenuta è rimasta incinta.



Sugli episodi invece, ha avviato un'indagine il Tribunale di Sorveglianza. Ricevuta la segnalazione, il presidente Nunzio Sarpietro, ha accertato le effettive responsabilità da parte dei "donatori" e delle "riceventi". Due in particolare i detenuti ritenuti responsabili di avere ideato il sistema, un uomo e una donna, rispettivamente di 37 e 45 anni, entrambi italiani. Avevano scritto un vero e proprio manuale ricco di particolari ed espedienti, che poi distribuivano ai compagni di cella. Per loro il Presidente Sarpietro ha disposto, oltre a provvedimenti disciplinari, l'annullamento dei benefici di legge.
Ultimo aggiornamento: 5 Maggio, 19:55