Putin, i nuovi schiavi dello Zar: Mosca manda al fronte soldati di etnie non slave per prevenire contestazioni. Ecco le popolazioni più colpite dalla coscrizione

Aree remote estremamente povere e poco popolate, eppure con il maggior numero di soldati morti al fronte in rapporto al numero di abitanti

Martedì 3 Ottobre 2023
I nuovi schiavi di Putin: Mosca manda a morire in ucraina soldati di etnie non slave per prevenire contestazioni. Ecco le popolazioni più colpite dalla coscrizione

Dall'inizio del conflitto in Ucraina è stato chiaro che la strategia del Cremlino per avere risorse umane da spedire a combattere al fronte e conservare allo stesso tempo il consenso interno era molto semplice: mandare a morire le etnie non slave, la "Russia di serie b", preservandone una di "serie A" che corrisponde al popolo slavo che risiede nelle regioni più ricche e densamente popolate.

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Le minoranze etniche mandate al macello 

Una «guerra dei poveri» che però, secondo molto analisti, sarebbe stata più equa dopo la mobilitazione parziale annunciata nel settembre del 2022, ma non è stato così.

La testata della dissidenza russa "Mediazone" fornisce dati sulla percentuale di uomini uccisi ogni 100mila abitanti, e ciò che si evince è che ad essere più sfruttate dal punto di vista umano sono le regioni della Federazione russa più isolate ed economicamente svantaggiate, oltre che etnicamente differenti.

Tra queste troviamo la Repubblica popolare di Tuva, parte dell’Impero cinese fino alla seconda metà dell’Ottocento che ancora oggi ha il buddhismo come propria religione. Il circondario autonomo del Nenec, è una remota regione affacciata sul Mare di Barents e abitato dall’omonima minoranza etnica, considerato considerato il regno della tundra glaciale. C'è poi la provincia della Cukotka, che con solo la metà delle sue terre a sud del circolo polare artico, è l'area della Federazione russa con il minore reddito pro capite. Fino al 1991 faceva parte dell’Oblast di Magadan, la regione nell'estremo oriente russo che si spinge fino ai confini del Giappone.

Aree estremamente povere, remote, scarsamente popolate eppure con il maggior numero di soldati morti al fronte in relazione al numero di abitanti. Sono regioni che la maggior parte della popolazione russa ignora completamente: un sondaggio dell 2012 ha rivelato che 8 russi su 10 non avevano idea dell'esistenza e della collocazione di queste zone. Le quali, però, stanno dando un controbuto enorme in termini di vite umane: a settembre, le perdite della repubblica di Tuva e quella di Buriazia sono state di 57 e 55 caduti su 100.000 abitanti, quelle del Nenec e del Magadan 44,9 e 43,6. A seguire a stretto giro il circondario di Chukotka (38), la Transbajkalia (in Siberia meridionale), e la regione di Sakhalin (36,1), nell’estremo Oriente russo.

La situazione nelle grandi città

Nelle grandi città la situazione è ben differente: nella regione di Mosca il tasso di mortalità degli uomini sfiora appena l'1% su 100mila abitanti, a San Pietroburgo si arriva appena allo 0.7%. Poco più per Kazan e Niznij Novgorod, situate nella ricca e popolosa Russia centrale. È in queste zone che il governo di Putin vuole conservare consenso da parte della popolazione, almeno fino alle elezioni presidenziali del prossimo 18 marzo, ma esse rappresentano in realtà appena il 21% della popolazione di un Paese con 143 milioni di abitanti.

Secondo la studiosa Natalia Zubarevich, docente di Geografia economica e sociale dell’Università Lomonosov di Mosca, la guerra è combattuta da una vasta periferia russa, composta da piccoli centri abitati caratterizzati  da uno stile di vita ancora sovietico, il cui reddito della popolazione dipende in modo essenziale dal sostegno del centro federale: «L’esercito è un importante datore di lavoro per i territori in cui è quasi impossibile guadagnare soldi», ha spiegato alla Bbc russa. «L’arruolamento fornisce invece uno stipendio e approvvigionamento stabili».

Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 08:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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