Navalny, ex detenuti raccontano le carceri russe: celle sovraffollate e senza sedie, gelo e punizioni. «Come Auschwitz»

Dall'inchiesta di Novaya Gazeta emerge un quadro di detenzione estrema: «Obbligati a stare in piedi e senza riscaldamento»

Mercoledì 28 Febbraio 2024 di Gianluca Cordella
Navalny, ex detenuti raccontano i carceri russi: celle sovraffollate e senza sedie, gelo e punizioni. «Come Auschwitz»

Le passeggiate a -40 gradi senza giubbotto o il pugno al cuore in stile Kgb. Ancora pochissimo si sa sulle cause della morte di Alexei Navalny tra le mura del carcere siberiano in cui era stato trasferito. Ma una cosa è certa: nella struttura artica le condizioni di vita sono proibitive e non soltanto per le temperature esterne. A fare luce sulla detenzione estrema è stata per prima, nei giorni corsi, Yulia Navalnaya, la vedova di Alexei, che aveva descritto le celle di isolamento come «una scatola di cemento di sei o sette metri quadrati, con nient'altro che uno sgabello, un lavandino, un buco nel pavimento al posto del wc e un letto fissato al muro».

La cella di isolamento viene usata come meccanismo punitivo e, benché la legge vi limiti a 15 giorni il tempo di permanenza massima, sono sempre più frequenti i casi di abuso di questa pratica. Secondo l’organismo di vigilanza sui diritti umani OVD-Info nel 2023 ci sono stati in Russia almeno 40 casi di prigionieri condannati per accuse politiche inviati sistematicamente nelle celle punitive. Il solo Vladimir Kara-Murza, oppositore di Vladimir Putin condannato a 25 anni per tradimento, risulta chiuso in isolamento per almeno cinque volte nel corso dell’anno passato.

Cosa che ha aggravato nettamente le sue condizioni di salute.

Ora, dopo. Yulia Navalnaya, a raccontare come si vive in quelle condizioni estreme sono gli ex detenuti, colore che le hanno provate sulla propria pelle. Novaya Europe ha contattato un serie di ex prigionieri che hanno raccontato la propria esperienza.

Come ad Auschwitz

L’attivista Vyacheslav Kryukov è stato arrestato nel 2018 e rilasciato quattro anni dopo. «Nel 2021 sono stato trasferito nella colonia penale IK-2 nella regione sud-occidentale di Rostov in Russia. Dopo un periodo di quarantena mi hanno messo in una cella di punizione per 15 giorni – ha raccontato - Dopo il primo mandato ho subito ricevuto altri 15 giorni. Poi altri 15, per un totale di 45 giorni consecutivi. Quando sono uscito mi hanno detto che sembravo un detenuto di Auschwitz. Resistere in quelle condizioni è difficilissimo: puoi fare una passeggiata ogni giorno, ma a parte questo non ci sono attività, né lettere, né chiamate. I visitatori sono vietati. Non puoi sederti o sdraiarti e non puoi richiedere cibo o altri “extra” al di là di quella poltiglia che ti servono come pasto».

Ma c’è un altro dato agghiacciate che emerge dal suo racconto. «Le celle di punizione di solito contengono due o quattro prigionieri, ma a volte si arriva a sette o otto persone. Va bene se stai con ragazzi normali, ma spesso stai con veri criminali. E rimanere bloccato con loro può essere traumatico». Kryukov ricorda le condizioni estreme «in primavera o autunno, quando viene spento il riscaldamento. I miei reni erano congelati. Quando sono tornato nella cela normale per giorni ho sentito ancora la spina dorsale congelata». «Nelle celle di punizione ti mandano ogni volta che ne hanno voglia, indipendentemente dal fatto che tu abbia commesso qualche infrazione. E’ una prassi comune ormai», conclude.

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Punito per la sveglia in ritardo

Ivan Astashin nel 2012 è stato condannato a 13 anni con l’accusa di aver orchestrato attacchi terroristici. Dopo 9 anni e 9 mesi è tornato in libertà e ha lasciato la Russia. Ricorda che nel 2017 venne spedito in cella di isolamento per cinque giorni per essersi svegliato tardi una mattina. In totale ha sopportato 30 giorni in quelle condizioni.

«Le celle devono essere di almeno due metri quadrati per persona ma questa regola spesso viene ignorata. Mi è capitato di stare in celle piccolissime anche in sei o sette persone – ha racontato - Avevamo due grossi problemi: sopportare il freddo e non poter fare dei riposini durante la giornata. Non potevamo stenderci sul pavimento perché era freddissimo. Quindi dormivamo seduti sugli sgabelli con la testa appoggiata ai tavoli». E ancora: «Camminavamo di continuo per scaldarci i piedi ma il problema era la testa. Spesso tiravamo su le giacche per riprendere un po’ di calore».

Esperienza brutale

Novaya Gazeta ha intercettato un altro ex prigioniero politico che ha chiesto di rimanere anonimo. Anche lui è transitato dalle celle di isolamento per 33 giorni complessivi. «Un’esperienza brutale – ricorda - Ero in una prigione al nord, ma a Yamal, dove si trovava Navalny, fa ancora più freddo». L’ex detenuto ha raccontato di come i funzionari della prigione neghino anche il riscaldamento per rendere le condizioni punitive più estreme. «Mantengono la temperatura intorno ai 17 gradi, quando va bene. Ma altri mi hanno raccontato di celle a 15 gradi, o addirittura a 10. Quando il tuo corpo non riceve vitamine ed è costantemente esposto a temperature così fredde, puoi ammalarti seriamente». «Se sei giovane e sano, il tuo corpo può affrontare condizioni così stressanti – prosegue -. Ma per qualcuno più anziano, o per qualcuno con un sistema immunitario compromesso, è più difficile sopravvivere».

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Ultimo aggiornamento: 29 Febbraio, 07:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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