Isis, chi sono i terroristi in Italia: 56 espulsi dal governo, trentasei sono tunisini

Molti vengono da Sud, dalla rotta mediterranea che ha messo in crisi il sistema di accoglienza italiano quest'estate

Martedì 24 Ottobre 2023 di Francesco Bechis
Isis, chi sono i terroristi in Italia: 56 espulsi dal governo, trentasei sono tunisini

Ci sono volti noti da tempo alle forze di sicurezza. Come Arxhend Bekaj, ventisettenne kosovaro, fiancheggiatore di una cellula Isis che nel 2016 programmava un pirotecnico attentato a Venezia: far saltare in aria il Ponte di Rialto.

Altri sono criminali comuni, processati per reati minori. In carcere restano pochi mesi. Quanto basta per imboccare la via della jihad islamista ed entrare nella rete dei fondamentalisti una volta liberi. Entrano con una laurea in criminalità, escono con un master in terrorismo. Sono cinquantasei gli stranieri espulsi dal governo da inizio anno, diversi di loro sono sospettati di legami con gruppi terroristi. Molti vengono da Sud, dalla rotta mediterranea che ha messo in crisi il sistema di accoglienza italiano quest'estate. Tunisia, soprattutto: sono trentasei i tunisini rimpatriati dal Viminale nei primi dieci mesi dell'anno perché ritenuti pericolosi: il 64 per cento.

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LA MAPPA

Una tabellina sulla scrivania del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi delinea la mappa geografica dei jihadisti allontanati dall'Italia. Numeri utili a capire da dove viene la minaccia. Ma anche le falle e i punti di forza della rete di sicurezza che il governo ha deciso di potenziare dopo che la guerra di Hamas ad Israele ha risuonato l'allarme terrorismo tra le capitali europee.
È un triste primato quello tunisino: dal Paese magrebino divenuto epicentro dei traffici illegali verso le coste italiane proviene buona parte dei migranti irregolari finiti a ingrossare le fila dei fondamentalisti islamici in attività sul territorio italiano. Un segnale preoccupante che sfata un cliché. Sì, anche "sui barconi" può viaggiare la minaccia terroristica. Non è un caso se al secondo posto della "black list" di stranieri espulsi c'è un altro Paese affacciato sul Mediterraneo e dirimpettaio alle spiagge europee: il Marocco. Sono otto, finora, i provvedimenti di rimpatrio comminati a cittadini marocchini. Alcuni hanno commesso reati lontani dall'istigazione o il fiancheggiamento al terrorismo. È il caso del venticinquenne rintracciato lo scorso 13 settembre dai militari del Nucleo operativo e radiomobile di Vicenza, accusato di violenza sessuale aggravata contro una cittadina del comune di Thiene. Altri invece sono finiti negli anni sotto i radar della Digos e dell'intelligence per le simpatie jihadiste. Talvolta sfociate in vere e proprie affiliazioni. Albania, Algeria, Afghanistan, Gambia, Ghana. E poi ancora: Kosovo, Macedonia del Nord, Nigeria, Pakistan, Senegal. È il podio dei Paesi di provenienza dei "migranti pericolosi" a cui si rivolge l'ultima stretta normativa del governo Meloni. Il decreto varato dal Cdm a inizio ottobre che dispone rimpatri immediati per chi presenta chiari elementi di "pericolosità sociale". Un canovaccio che ora segue anche l'Unione europea, pronta ad accelerare sulla nuova direttiva rimpatri dopo l'allerta scattata per l'attentato a Bruxelles di Abdesalem Lassouied, il tunisino irregolare che ha vagato per dodici anni nel Vecchio Continente prima di chiudere il suo pellegrinaggio con un doppio omicidio nel nome dell'Isis nella capitale belga.

IL CASO TUNISINO

In Italia la mappatura prosegue spedita. I dati del Viminale segnalano un problema con la Tunisia. L'ultima espulsione di pochi giorni fa: un tunisino reduce da un periodo di detenzione a Piacenza, che in cella aveva appeso una foto di un uomo armato di mitra circondato da bandiere dell'Isis. C'è però un bicchiere mezzo pieno dietro l'allerta tunisina. «Se ne espelliamo tanti, significa che la cooperazione tra le nostre autorità e quelle tunisine sta iniziando a funzionare», chiosano dal Viminale. I numeri bassi, anzi bassissimi di espulsioni nell'area balcanica non devono invece ingannare.
Sono lo specchio di un sistema di controlli farraginoso. Qui, tra i boschi che separano il confine italiano da quello sloveno, eventuali "lupi solitari" possono infiltrarsi sfruttando le falle del sistema: niente schedatura e impronte digitali, come invece succede a Porto Empedocle o Lampedusa. Ecco spiegata allora la scelta del governo, insieme a una decina di Stati Ue, di sospendere il trattato di Schengen ad Est finché l'allerta jihadista non sarà rientrata.

Ultimo aggiornamento: 11:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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