Una questione di Stato, ma anche personale. Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri di Fratelli d'Italia, è convinto che la missione a Kiev della premier Giorgia Meloni non sia dettata da calcoli politici: «Giorgia mi ha detto che ci teneva sul piano umano. Da madre è stata molto segnata dalle prime immagini della guerra, i bambini e le famiglie sotto le bombe. Vuole dare un segnale».
Quale segnale?
«L'Italia sarà al fianco dell'Ucraina finché necessario. Senza esitazioni».
Un whatever it takes. E i distinguo di Berlusconi?
«Una polemica inutile. Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia, ha chiarito ad ogni occasione il sostegno del partito alla resistenza ucraina».
Dunque è giusto andare a Kiev?
«Certo, ci andrà anche il ministro degli Esteri.
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Anche il Ppe ha preso le distanze dalle parole di Berlusconi.
«Dobbiamo capire che per i conservatori e i popolari polacchi e baltici la guerra è una tragedia vissuta sulla pelle, pensano di essere le prossime vittime. C'è un grande coinvolgimento emotivo».
Cosa c'è nella valigia di Meloni a Kiev?
«L'Italia non esclude nulla. Agiamo nel rispetto della Carta dell'Onu. Ogni mezzo anche militare che serva a difendere l'Ucraina è sul tavolo».
Anche i jet?
«Premetto che la premier a Kiev non cerca la photo opportunity o l'annuncio a effetto. Quanto ai jet, dipende quali. Gli F-35 sono fuori discussione, si può avviare un discorso sui caccia bombardieri Amx. Ascolteremo le richieste ucraine».
Armi difensive e offensive?
«Da ex militare credo poco a questa distinzione. L'Ucraina ha diritto di difendersi. E nella fase attuale del conflitto colpire un aeroporto a Sebastopoli o una base a Belgorod da cui partono missili contro obiettivi civili significa difendersi».
E la pace?
«Giusto lavorarci da subito. Ma a una pace giusta, al ripristino dei confini internazionali del 24 febbraio di un anno fa».
Donbass incluso?
«Sarà l'Ucraina a definire i suoi obiettivi. Prima o poi si dovrà istituire un tavolo di negoziati per un cessate-il-fuoco».
Il viaggio di Meloni è anche una risposta a Macron, Scholz e ai loro vertici in solitaria?
«Non è un viaggio che nasce con questi calcoli. Certo Meloni fa capire che l'Italia ha voltato pagina. Per anni i governi italiani hanno permesso all'asse franco-tedesco di farsi portavoce esclusivo degli interessi europei. Oggi l'Italia non è più comprimaria. Ma credo che dietro la trasferta ci sia un altro messaggio».
Ovvero?
«La premier è consapevole dell'insofferenza di una parte dell'opinione pubblica verso il conflitto e le sue conseguenze, la crisi energetica. Per questo era importante spiegare ora le ragioni profonde del nostro aiuto a Kiev».
Poi?
«C'è un'altra sfida interna. La guerra russa ci ha ricordato quanto sia importante investire in Difesa e sicurezza. Raggiungere l'obiettivo del 2% del Pil e rispettare gli impegni della Nato è una priorità per il nostro Paese».
L'Italia è in prima linea per la ricostruzione dell'Ucraina. Abbiamo le risorse per aiutare il Paese martoriato a rialzarsi?
«Certo. Siamo pronti a dare un grande contributo economico. Lo faremo grazie alle nostre aziende, eccellenze del mondo delle infrastrutture che vincono le gare in tutto il mondo. Senza rispondere a logiche di pura concorrenza, come fanno altri Paesi europei».