Elezioni in Spagna, nel caso di un ritorno alle urne l'ago della bilancia sarà l'astensione

La tentazione dei Popolari di cambiare leader in corsa sarebbe un errore. Il Psoe ora pesa di più

Martedì 25 Luglio 2023 di Giovanni Diamanti
Elezioni in Spagna, nel caso di un ritorno alle urne l'ago della bilancia sarà l'astensione

Le elezioni sono spesso una questione di aspettative: quella che doveva essere la notte del centrodestra spagnolo, destinata a sublimare una vittoria annunciata già il giorno stesso del richiamo alle urne, si è rivelata infine un "empate", un pareggio a sorpresa che suona tanto di sconfitta per il Partido Popular e Vox, e che invece ha un sapore di vittoria per Sanchez e la sua composita maggioranza, che parte dall'accordo tra Psoe e Sumar e si estende a diverse forze autonomiste.

I numeri

L'obiettivo della coalizione conservatrice era legato a un numero: 176, come i seggi necessari a raggiungere la maggioranza assoluta e formare un governo. Un obiettivo dato per scontato da molti dopo il trionfo alle elezioni regionali di maggio, che ha convinto Sanchez, abile stratega, a forzare la mano chiamando il Paese al voto in piena estate. Tuttavia, l'esito non è stato quello sperato: il Pp non sfonda, supera di poco i socialisti nei voti e ottiene 136 seggi, che sommati a quelli di Vox, in calo, diventano 169. E proprio la presenza di Vox, partito ultra-nazionalista, allontana la possibilità di formare un governo con forze regionali minori: i partiti disposti a sedersi al tavolo con la destra sono pochi, e contano su una manciata di parlamentari: non abbastanza. Per questo, Feijòo, il leader popolare che pregustava la Moncloa, si è dovuto accontentare di una "non vittoria" dal sapore italiano: si rivolge ai socialisti, chiedendo loro di non impedire un governo al centrodestra, ma sa che è un tentativo vano. Perché il suo rivale, Pedro Sanchez, pur avendo subìto il sorpasso del Pp, esce più forte dalla tornata elettorale.

La scommessa

Dopo la sconfitta di maggio è andato all-in, chiamando il Paese alle urne in pieno luglio. Nell'ultimo mese ha mostrato tutto il suo repertorio di campaigner, polarizzando la sfida e raccontando una partita dicotomica tra chi vuole andare «avanti» e chi invece vuole «tornare indietro». È riuscito a trasformare la sconfitta alle regionali di maggio nell'opportunità di mostrare le contraddizioni di un'alleanza, quella conservatrice, ostaggio di Vox e delle sue posizioni radicali. Doveva essere la sua fine, ne è uscito più forte con un Psoe cresciuto nel numero di seggi.

 

La teoria

Sulla carta, Sanchez può provare a governare: un governo di minoranza della sua coalizione attuale sarebbe possibile con l'astensione dei catalani di Junts. Gli sherpa dei rispettivi partiti sono al lavoro per trovare un'intesa, grazie anche all'intervento di Sumar. Tuttavia, l'esito più probabile è quello del ritorno al voto. In quel caso, la campagna elettorale sarebbe un prosieguo di quella degli ultimi mesi, con Sanchez in pieno "momentum", forte di una nuova aura dopo l'insperato pareggio in una elezione impossibile. Dall'altro lato, Feijòo rivendica di aver riportato il Partito Popolare in testa dopo sette anni: una vittoria di Pirro che assomiglia più a un errore a porta vuota. Vox mantiene il terzo posto ma cala nel numero di seggi, prosciugata dal voto utile pro-popolari e dal proprio radicalismo. Anche per Abascal il vento sembra essere sfavorevole: il ridimensionamento della destra è forte. Nel fronte conservatore, molti invocano la sostituzione di Feijòo con la più carismatica Isabel Ayuso, Presidente della Comunità di Madrid. Ma cambiare un leader in corsa non è facile, soprattutto se, come molti indizi portano a pensare, le elezioni dovessero ripetersi a breve.

 

La preoccupazione

Infine, ciò che tutti temono in caso di ripetizione elettorale è l'incognita relativa all'affluenza: un ritorno al voto generalmente favorisce l'astensione. E con un'astensione elevata, il tasso di imprevedibilità elettorale aumenta esponenzialmente.
 
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