Ebola, case farmaceutiche nel mirino
dell'Oms: non hanno trovato
il vaccino perché non c'erano profitti

Giovedì 6 Novembre 2014
Ebola, case farmaceutiche nel mirino dell'Oms: non hanno trovato il vaccino perché non c'erano profitti
4
Se i medici che combattono l'epidemia di Ebola non hanno armi la colpa è delle aziende farmaceutiche, che non hanno lavorato al vaccino o a una terapia perché non era economicamente conveniente. A puntare il dito contro "big pharma" è Margaret Chen, segretario generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha sottolineato durante un incontro in Benin come il virus sia stato scoperto nel 1976, quasi 40 anni fa.



«Se i medici ora si sono trovati senza armi in mano - ha detto - è stato perché l'industria guidata dal profitto non ha investito in farmaci per mercati che non possono pagare. Per anni le nostre proteste e richiami sulla mancanza di investimenti in vaccini e sistemi di cura nei paesi poveri sono caduti nel vuoto. Ma con il panico per l'epidemia di Ebola ora tutto il mondo può vederne le conseguenze».



Negli ultimi mesi, ha ricordato Chen, sono stati sviluppati in tutta fretta diversi prototipi di vaccini e terapie contro Ebola, che erano stati lasciati nei cassetti finché il virus «colpiva soltanto i paesi

poveri». L'epidemia attuale, ha confermato il segretario generale dell'Oms, è «la più grande emrgenza sanitaria dell'epoca moderna», anche per il fatto che ha colpito paesi praticamente privi di un sistema sanitario pubblico, e quindi disarmati di fronte all'epidemia.



A confermare la gravità della situazione c'è anche una nuova analisi, pubblicata sulla rivista Complexity, che indica che il tasso di mortalità supera il 70%, più del 50% dunque precedentemente dichiarato dall'Oms, e il numero complessivo delle persone colpite rischia di superare il milione entro l'inizio del 2015.



«L'epidemia - rileva Allen Hunt, professore della Wright State University di Dayton, in Ohio - è cresciuta in modo esponenziale da maggio, dimostrando l'inadeguatezza delle risposte date a livello globale».



Notizie migliori di quelle africane giungono dall'Europa, che ha registrato la guarigione del primo contagiato sul proprio suolo, l'infermiera spagnola Teresa Romero, dimessa oggi dall'ospedale di Madrid dopo 25 giorni di isolamento. «Non so cosa sia andato storto, non so neanche se ci siano stati errori. So solo che non provo rancore né ho rimproveri da fare - ha dichiarato -. Per me il contagio serve a qualcosa, a investigare o trovare una vaccinazione e se io mio sangue servirà a curare un'altra persona, io sono qui».
Ultimo aggiornamento: 15:42

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci