Pignoramenti, stop prelievo automatico sui conti correnti. Meloni: «Non se ne parla». Tetto alle pensioni anticipate

Venerdì 27 Ottobre 2023 di Andrea Bassi
Pignoramenti, stop al prelievo sui conti correnti.

La manovra, approvata formalmente ormai da dieci giorni, continua a cambiare. Anche ieri le riunioni dei tecnici sono proseguite senza sosta. Sono due i capitoli, ad altissima sensibilità politica: i pignoramenti automatici dei conti correnti per chi ha debiti con il Fisco e le pensioni.

Pensioni, stretta su uscite anticipate e aumenti per rivalutazione: chi guadagna e chi ci perde con la Manovra

Sul primo tema la discussa norma sull’accesso diretto ai conti correnti da parte del Fisco è stata bloccata direttamente da Giorgia Meloni. «Questa norma non passa, non se ne parla», avrebbe detto il premier letta la bozza della manovra.

Pensioni contributive, le novità

L’altro capitolo sono le pensioni.

In una bozza circolata nella giornata di ieri, sono spuntate alcune modifiche al pacchetto sulla previdenza. Modifiche che, almeno per ora, riguardano le cosiddette «pensioni contributive», quelle dei giovani che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995 e che dunque percepiranno assegni commisurati ai contributi effettivamente versati.

Oggi il sistema contributivo prevede la possibilità di anticipare il pensionamento a 64 anni anche con soli 20 anni di versamenti all’Inps, a patto che si sia maturato un assegno di almeno 2,8 volte quello minimo, vale a dire 1.576 euro lordi. Il governo, nella precedente bozza, aveva deciso di alzare questo importo a 1.871 euro, ossia 3,3 volte l’assegno minimo. Nella nuova versione questa norma è cambiata. 

Pensioni, gli importi

L’importo minimo dell’assegno che un lavoratore dovrà maturare per poter lasciare il lavoro a 64 anni, scende a 1.700 euro circa, ossia 3 volte l’assegno minimo. Con un vantaggio riservato alle donne con figli. Una lavoratrice con un figlio, potrà uscire anche se ha maturato una pensione di 1.576 euro (2,8 volte la minima) e una con due figli di 1.463 euro (2,6 volte la minima). Ma la vera novità è un altra e riguarda invece tutti i giovani che oggi sono nel contributivo e che vorranno anticipare la pensione a 64 anni. Se lasceranno il lavoro non potranno percepire un assegno superiore a 2.815 euro lordi mensili (circa 1.900 netti), ossia una pensione superiore a 5 volte quella minima. È la prima volta che un tetto agli assegni entra nel sistema contributivo, dove le pensioni sono parametrate esattamente ai versamenti effettuati all’Inps. Un modo per scoraggiare il pensionamento anticipato e provare a “puntellare” il sistema previdenziale italiano reso sempre più traballante dalla crisi demografica. Segno, insomma, che anche il meccanismo del sistema contributivo rischia di essere insufficiente.

Quota 104

Nessun cambiamento, almeno per ora, invece, per Quota 104. La Lega ha spinto con forza per un ritorno a Quota 103, il pensionamento con 62 anni di età e 41 di contributi. Ma per ora di modifiche in questa direzione non c’è traccia. Si tratta invece per un ritorno solo dal 2027 all’adeguamento del pensionamento anticipato alla speranza di vita. L’anticipo alla fine del 2024 del meccanismo che fa salire gli anni di contributi necessari per lasciare il lavoro, è particolarmente indigesto alla Lega e alla promessa di Quota 41, ossia di un pensionamento universale con 41 anni di versamenti all’Inps. 

E non è un caso. Le agenzie di rating nei loro giudizi sono molto attente alla tenuta del sistema previdenziale. Difficile insomma, che possano arrivare “alleggerimenti” prima del giudizio di Moody’s previsto per il 17 novembre. 
 

Pignoramenti

L’altro tema oggetto di un serrato confronto politico, è stata quella sui pignoramenti automatici da parte dell’Agenzia delle entrate - Riscossione per i debiti nei confronti del Fisco. Dopo un lungo tira e molla la norma è stata come detot bloccata direttamente da Meloni. La norma prevedeva che l’Agenzia potesse avere un collegamento «diretto» ai conti degli italiani per conoscerne il saldo e, in caso abbiano un debito insoluto nei confronti dello Stato, provvedere «senza indugio» al prelievo delle somme. In una bozza della manovra circolata ieri era spuntata una modifica che già provava, in qualche modo, a limitare questo strumento, facendo in modo che non potesse essere usato nel caso in cui il debito nei confronti dell’Erariofosse inferiore a mille euro. Sia le pensioni che il Fisco hanno creato sin da subito qualche mal di pancia nella maggioranza.

Le perplessità

Forti perplessità sono state espresse dalla Lega, che con il suo vicesegretario Andrea Crippa aveva fatto ricorso alla metafora di berlusconiana memoria delle «mani nelle tasche degli italiani». E a queste si sono sommate quelle di una parte della truppa parlamentare di Fratelli d’Italia, che sin da subito non ha escluso la possibilità di intervenire con «accorgimenti migliorativi in accordo con le professioni e le parti sociali», ha detto Andrea de Bertoldi, deputato del partito di Giorgia Meloni e commercialista. Matteo Salvini ha provato a gettare acqua sul fuoco, dichiarandosi «soddisfatto» della manovra e rassicurando che non ci sarà «nessuna incursione nei conti correnti». E il ministero dell’Economia, guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti, ha «smentito» i contenuti delle bozze in circolazione, invitando ad attendere il testo definitivo. Che dovrebbe arrivare tra oggi e domani in Parlamento. E che, oltre alle pensioni e al Fisco, vedrà altre modifiche. Come per esempio un tetto massimo di 50 mila euro ai Btp che possono essere esclusi dal calcolo dell’Isee. Un intervento deciso per mettere fine alle accuse di voler favorire i ricchi a discapito dei poveri nell’erogazione dei servizi sociali. 
 

Ultimo aggiornamento: 16:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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