Continua la caccia al gas estero del governo.
LE MODIFICHE
La produzione di gas nazionale arriverà fino a 2,2 miliardi in più nel giro di un paio d’anni, ha promesso il governo e in particolare il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani nell’ennesimo decreto del 18 febbraio scorso contro il caro-energia. E lo ha fatto a pochi giorni dall’approvazione, il 12 febbraio, proprio del Pitesai. Un piano gravato da vincoli e paletti che rischiano di far spegnere fino a 1 miliardo di metri cubi di produzione di gas all’anno. Il risultato è che, se non cambiano le cose, la nostra produzione di gas farà un passo avanti e uno indietro nei prossimi due anni. E l’obiettivo dei 5 miliardi complessivi diventerebbe un traguardo molto difficile.
L’ACCELERAZIONE
Si tratta dunque di accelerare l’iter di avvio della produzione nel canale di Sicilia, dove c’è il progetto Cassiopea. E di fare altrettanto negli altri progetti con potenzialità, in particolare nelle Marche. Ma si stanno studiando anche opzioni e modalità per smussare i paletti più rigidi previsti dal Pitesai, un documento voluto dal governo Conte nella sua strategie “no trivelle” che ha richiesto tre anni di gestazione, e che nonostante la stretta impressa a fine anno da Cingolani e lo sforzo dei tecnici per correggere certi eccessi, ha prodotto comunque importanti strettoie per la produzione futura.
Non solo. L’inizio della guerra in Ucraina il 24 febbraio ha cambiato ulteriormente lo scenario già modificato a inizio anno rispetto al disegno di una transizione rapida e non così dolorosa. L’emergenza non ammette più paletti e lungaggini, continuano a dire da più fronti nel governo. E allora l’idea è che interverrà un provvedimento ad hoc, all’occorrenza, per derogare dal Pitesai. Si tratta di non bloccare investimenti degli operatori del settore indispensabili in questo momento dopo che negli ultimi 20 anni, ha ricordato di recente lo stesso ministro Cingolani alla Camera, «la produzione nazionale di gas naturale si è ridotta, per il calo naturale dei giacimenti e l’assenza di investimenti in produzione e ricerca da circa 15 miliardi di metri cubi ai 3,3 attuali». Di qui la dipendenza per il 95% dall’estero per i consumi di gas. Il 40% dei consumi dipendono dalla Russia. Ma in 24-36 mesi «è ragionevole dire che possiamo abbandonare completamente la dipendenza dal gas russo», ha ribadito ieri il ministro.