Mettere fuorilegge la classe energetica “G” in Italia, significherebbe bloccare la vendita e l’affitto di 16 milioni di immobili. Le prime simulazioni sull’impatto della nuova direttiva europea sull’efficientamento degli immobili sono pesantissime. In base alle stime dell’Enea, per migliorare il livello di emissioni degli immobili italiani servirebbero 12 miliardi all’anno per i prossimi 10 anni. Centoventi miliardi in tutto. Ma questa mole di investimenti potrebbe non essere sufficiente a raggiungere in Italia gli standard che l’Europa vorrebbe richiedere agli Stati membri. La bozza di direttiva anticipata ieri da Il Messaggero, prevede che dal 2027 lo standard minimo energetico degli edifici sia «E».
Il silenzio - Il governo italiano per adesso tace. Ma le diplomazie sono già al lavoro per provare a modificare la direttiva europea prima che venga pubblicata (si veda altro articolo a pagina 3). Tutti sono comunque d’accordo che una norma che introducesse un divieto di vendita o di affitto sarebbe difficilmente attuabile in Italia. Secondo i dati dell’Agenzia delle entrate, nel Paese ci sono quasi 58 milioni di immobili residenziali. Quasi 20 milioni sono abitazioni principali, 6 milioni sono “a disposizione”, ossia ne locati e neppure abitati. Altri 6 milioni sono quelli dati in affitto. Se si escludono le pertinenze, il totale degli immobili è di circa 45 milioni. Ma quanti di questi sarebbero “fuorilegge” con la nuova direttiva europea? L’Enea raccoglie i dati delle Ape, le attestazioni di prestazione energetica, all’interno di una banca dati che si chiama Siape, Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica. Il quadro non è però completo, perché per adesso nella banca dati ci sono all’incirca 2 milioni di Ape. Ma si tratta certamente di un’indicazione “a campione” importante. Secondo i dati dell’Enea il 35 per cento delle abitazioni sono il classe “G”. Un dato, spiegano dall’ente, probabilmente sottostimato, visto che chi comunica l’Ape lo fa in occasione di una ristrutturazione, di una vendita o di una locazione. Ma se anche fosse questa la percentuale, significherebbe che 16 dei 45 milioni di immobili censiti dal Fisco, escluse le pertinenze, non rispetterebbero i requisiti minimi della Ue per la vendita o l’affitto. Nel suo rapporto annuale sull’efficienza energetica, l’Enea effettua una serie di stime dei costi di riqualificazione del patrimonio. Costi che da qui al 2030 oscillano dai 9 ai 12 miliardi l’anno a seconda del tipo di ristrutturazione. Comunque, spiega l’Enea, in Italia solo lo 0,03 per cento degli immobili è a emissione nette vicine allo zero come richiesto dalla Ue. In Italia il patrimonio immobiliare, soprattutto nei centri storici, è soggetto a molti vincoli. Inoltre anche ristrutturazioni profonde potrebbero non essere sufficienti ai salti di classe richiesti. E, infine, non va sottovalutata la difficoltà nei condomini di decidere lavori complessi e costosi. Problemi che rendono inattuabili le draconiane misure europee.