Venti anni di presidenza da festeggiare il prossimo 16 giugno, tre promozioni in serie A (l’ultima conquistata il primo maggio, battendo 3-1 la Reggina), ma soprattutto un modello: calcistico, imprenditoriale, sociale.
Dietro la parabola del Frosinone Calcio non c’è solo il successo di mister Fabio Grosso – l’uomo del rigore decisivo nella notte di Berlino, per l’Italia campione del mondo 2006 – ma, prima di ogni altra cosa, il successo del suo presidente, Maurizio Stirpe, 64 anni, imprenditore, vicepresidente di Confindustria con due delle deleghe più delicate e prestigiose (il lavoro e le relazioni industriali), dal 2003, appunto, proprietario e presidente del Frosinone Calcio. Una storia fatta di amore, passione, legami familiari. Una storia nel nome del padre, Benito, che a sua volta fu proprietario della squadra a metà degli anni ‘60, e che lasciò a Maurizio la piccola aziende di famiglia, la Prima, che poi il figlio ha trasformato nella Prima Sole Components Spa, gruppo industriale operante nella progettazione e produzione di componenti in plastica per l’industria dei mezzi di trasporto e degli elettrodomestici.
IL VALORE AGGIUNTO
Un colosso ormai da 4.500 dipendenti, 18 stabilimenti produttivi tra Italia, Germania, Polonia, Slovacchia e Brasile, con il 60% di internazionalizzazione, che ha come clienti i principali costruttori di autoveicoli, veicoli commerciali e industriali, mezzi per l’agricoltura, elettrodomestici, in Europa e in America Latina. Un leader del settore, insomma. La radici, però, sono saldamente in Ciociaria, a Torrice, dove nacque Benito Stirpe, a cui oggi è dedicato lo stadio, un gioiellino “all’olandese”, da 16mila spettatori, uno dei perni del “modello Frosinone”. Già perché il club è uno dei pochi a poter contare su un impianto di proprietà: in Italia ce l’ha la Juventus, che come il Frosinone l’ha costruito ex novo, poi l’Udinese e il Sassuolo che hanno ristrutturato stadi già esistenti. Ed è lì, al Benito Stirpe, che si costruiscono i successi. Lo dice anche Guido Angelozzi, ex calciatore tra Catania, Giulianova, Barletta, a cavallo tra i 70 e gli 80, poi dirigente sopraffino, capace di creare calcio ovunque (Lecce, Sassuolo, Spezia), ora capo dell’area tecnico-operativa del Frosinone. «Avere un nostro stadio – dice – è un plus anche per la squadra. Clima, atmosfera, possibilità di programmare. E anche l’impatto che fanno le nostre strutture sui calciatori che pensiamo di acquistare». Lo stadio è arrivato nel 2017, investimento complessivo da 15 milioni di euro per dire addio al mitico “Matusa”. Poco prima, tra il 2015 e il 2016, i lavori alla Cittadella dello Sport di Ferentino, comunale ma in usufrutto al Frosinone. E da gennaio, l’acquisizione per Stirpe (con altri soci) delle Terme di Fiuggi, centro benessere con impianti annessi che ospiterà anche i ritiri di squadre internazionali.
IL PROGETTO
Un altro pezzo del “modello” Frosinone, esemplificabile in due concetti cardine: investimenti e sostenibilità.
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