La Corte europea dei Diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per non aver protetto Annalisa Landi, vittima di violenza domestica con i suoi figli.
A causa di ciò lo Stato dovrà risarcire i danni morali alla donna, che sono stati stimati in 32 mila euro. «Un fatto che deve suonare come un monito per il nostro Paese, un incentivo a migliorare, con urgenza la situazione. Molto è stato fatto sul fronte legislativo, ma ci aspetta molto lavoro e questa sentenza deve spronare tutte le istituzioni italiane, tutti noi, a fare di più per combattere una piaga drammatica e strutturale quale la violenza contro le donne e il femminicidio, che coinvolge anche i minori» ha detto la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della Commissione Femminicidio.
«Nel caso specifico della condanna, questa mancanza da parte delle istituzioni è costata la vita a un bambino di un anno, mentre una bambina è stata gravemente ferita. La Corte non ha riconosciuto la discriminazione di genere, ma come Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio sappiamo che uno dei problemi principali è che le donne non vengono credute. E' per questo che non ci stanchiamo di richiamare alla necessità della formazione specifica per tutti gli operatori. Le leggi per intervenire ci sono, la violenza di genere va riconosciuta e contrastata fin dal suo insorgere, per evitare drammatiche escalation».
Il disegno di legge del governo in discussione al Senato punta ad aumentare le misure di protezione, tra cui l'allontanamento dell'uomo maltrattante dalla casa familiare e il braccialetto elettronico. In questo contesto risulta prezioso l'apporto della rete dei centri antiviolenza e delle Case rifugio ma per questo servono maggiori finanziamenti e procedure più snelle per ottenerli.