Una dura campagna di odio, ecco le vere ragioni che hanno portato Jacinta Ardern a dimettersi dopo 7 anni

Venerdì 20 Gennaio 2023 di Anna Guaita
Una dura campagna di odio, ecco le vere ragioni che hanno portato Jacinta Ardern a dimettersi dopo 7 anni

NEW YORK Da due giorni i media celebrano le dimissioni della premier neozelandese Jacinda Ardern come una prova del nuovo potere delle donne, oramai capaci di scegliere di ritirarsi dal lavoro per riappropriarsi del ruolo di mamma e moglie senza sentirsi dominuite o discriminate: «Il potere di non permettere che l'ambizione ti rovini la vita» spiega per esempio Vogue. «Le dimissioni a sorpresa di Jacinda Ardern: l'arte di fare politica in modo diverso» titola Le Monde.

Ma dietro questa  visione idilliaca c’è anche un’altra realtà che molti hanno ignorato: Jacinda «sceglie» anche perchè oggetto di una persecuzione di estremisti e misogini che va aumentando di anno in anno, e che ultimamente era arrivata a implicare anche il nome della piccola Neve, la bambina avuta dal compagno Clarke Timothy Gayford, un giornalista televisivo.

Merkel, Ardern, Marin e le altre: le donne leader più efficaci nella lotta al virus

Durante i suoi sei anni al potere Ardern non ha avuto paura di rompere gli schemi. E’ stata la prima donna dai tempi della pachistana Benazir Bhutto ad avere un bambino mentre era in carica, e poi a prendersi il congedo di maternità. Ha espresso in prima persona solidarietà e carità verso la comunità islamica dopo l’attacco sanguinoso contro la moschea di Christchurch, quando 51 musulmani furono massacrati da un uomo armato. Si è battuta per ridurre i costi dell'istruzione universitaria, ha lottato contro la povertà infantile, per depenalizzare l'aborto, limitare drasticamente il porto di armi, tenere sotto ferreo controllo il contagio Covid, dialogare alla pari con i Maori, e ha anche denunciato il palese sessismo in politica. Ma se nei primi due anni da premier della Nuova Zelanda i suoi oppositori si sono limitati ad attaccarla con meme di cattivo gusto degni di ragazzini delle scuole medie, dal lock down del covid in poi il tono è andato cambiando, assumendo un carattere sempre più violento e volgare.

MASS MEDIA

Forbes, l'intuizione e l'empatia delle nuove leader politiche, carte vincenti nell'affrontare la pandemia

Giovane e simpatica, con una grande carica di umanità e tolleranza, Jacinda si è trovata, per sua stessa ammissione, davanti a un bivio: reagire ridendo o prendendo sul serio gli attacchi? Ridere significava sdramatizzare, evitare di dividere il Paese, ma anche lasciare briglia sciolta all’ala cospirazionista misogina e possibilmente violenta, ma reprimerli li avrebbe convinti che i loro attacchi stessero sortendo l’effetto voluto. Finalmente è successo che lo scorso dicembre il centro ricerche “Disinformation Project” ha presentato sia a Jacinda che a vari membri del Parlamento il risultato di uno studio sugli attacchi contro le donne in politica dal quale risultava che negli ultimi due anni la misoginia e la violenza contro la premier non solo erano aumentati di volume ma anche di pericolosità, e per di più negli attacchi compariva anche il nome della bambina, Neve.

MISOGINIA


Contrariamente a quanto dicono i titoli che inneggiano al potere delle donne, studi sul tema dimostrano che in vari Paesi la misoginia sta crescendo, che stiamo facendo passi indietro. E in buona parte dobbiamo ringraziare gli influencers come Andrew Tate e Jordan Peterson, che hanno un grande peso sui giovani bianchi, ai quali insegnano che le donne sono esseri inferiori che appartengono agli uomini (cfr Tate). 

I no-vax, i razzisti indignati dalle aperture di Jacinda ai Maori, i misogini, i pro-armi, hanno trovato nella premier un bersaglio ideale. La ex priemier Helen Clark, che di Jacinda è stata prima la boss e poi amica, spiega: «Jacinda è stata oggetto di un livello di odio al vetriolo che, secondo la mia esperienza, è senza precedenti nel nostro Paese». 

La professoressa Suze Wilson, specializzata in leadership alla Massey University sottolinea: «È difficile credere che non ti influenzerebbe, vero? Voglio dire, influenzerebbe chiunque... Il fatto che la gente parli di volerla impiccare, di voler fare del male alla sua bambina al suo partner...È umana, ovviamente ha un peso».

FEMMINICIDIO



Allora è giusto chiedersi, davvero Jacinda ha esercitato il potere? O semmai non aveva più «carburante», come lei stessa ha spiegato nel dare l’annuncio del suo ritiro, perché l’odio degli altri e la paura per la sua famiglia erano diventati tanto corrosivi da esaurirla? 

Al prossimo femminicidio, ricordiamoci che la violenza comincia con le minacce, con l’odio, con la misoginia. E forse Jacinda si è ritirata non per scelta, ma per dovere: il dovere di proteggere la sua bambina in un mondo sull’orlo dell’abisso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA