Zucchero: «Il mio matrimonio finito per colpa di un amico. Depresso per sei anni, volevo farla finita»

Dalla fine del suo matrimonio all'incontro con Pavarotti fino alla depressione

Domenica 31 Dicembre 2023
Zucchero: «Il mio matrimonio finito per colpa di un amico. Depresso sei anni, volevo farla finita»

Zucchero ha conosciuto il successo e la depressione.

Tutto insieme. Era il 1987. Il successo "Con le mani, Pippo, Solo una sana e consapevole libidine... ma non bastò. Perché Delmo, questo il suo vero nome, era depresso. «Il mio matrimonio stava finendo». Pippo non era una finzione. Era davvero un suo amico e ci provava con sua moglie «Sì. E temo ci sia anche riuscito». Al Corriere della Sera racconta che le occasioni per rifarsi non gli sono mancate. Non solo dopo i concerti. «Non aspettavano i concerti, venivano direttamente in albergo, a casa. Alcune erano bellissime, eppure ho rimediato parecchie brutte figure. Non riuscivo a combinare niente. È la depressione». Così tornò a casa dai suoi e scrisse Miserere. E la cantò Pavarotti anche se tutti gli dissero che non avrebbe mai accettato. 

Lui però non si arrende. «Telefono a Pavarotti a casa a Modena, e mi risponde sua figlia, che è una mia fan. Così Luciano mi fa, con la voce impostata: “Ciccio, sei bravo, ti seguo, vieni domani a casa mia, che pranziamo e giochiamo a briscola!”».

Zucchero e la depressione

Quando era depresso «Volevo farmi fuori. Stavo malissimo. Attacchi di panico fortissimi, cose che non auguro a nessuno. Prendevo il Prozac ma non sentivo più niente. Dopo “Oro incenso e birra” mi chiamarono prima al Freddie Mercury Tribute, poi Sting, insomma mi sono capitate cose bellissime, ma non me le sono godute. Ero al massimo del successo e non volevo più salire sul palco, non volevo fare la tournée di Miserere: sedici concerti negli stadi».

Ha chiesto aiuto e ci è riuscito grazie a uno strizzacervelli. «Me lo piazzarono dietro. Sono stato l’unico rocker ad andare in tournée con lo psichiatra al seguito. Mi dissero: “Lui ti dà la pasticca, e tu suoni”. Se no? “Se no ti ricoveriamo all’ospedale psichiatrico di Pisa, e devi restarci un mese, perché se annulliamo la tournée faranno i controlli”». E lei? «Preparo la valigetta con il dentifricio e il pigiama. Arrivo in ospedale, e vedo una vecchietta incazzatissima che prende a borsettate un infermiere, poi un altro che urla... Così fuggo e torno a casa».

Ma la tournée non saltò grazie a un suo amico «Continuava a versarmi una grappetta di Bassano che mi avevano regalato, - racconta al Corsera - la scolammo tutta. Alle 4 del mattino dissi: adesso potrei salire sul palco. “Ma sei ubriaco”. Così partii per il primo concerto, con l’accordo che alle 5 del pomeriggio il mio amico avrebbe predisposto il rituale del grappino».

Un rimedio utile per fargli superare gli attacchi di panico: «Alla terza canzone mi prese l’attacco di panico e volevo scappare. O gettavo la spugna, o mi violentavo. Mi violentai. Cantavo per inerzia. Una parte del cervello si ricordava le parole e cantava, l’altra diceva: che ci faccio qui? Una notte sognai l’intera platea che mi aspettava con le fauci aperte, per sbranarmi. Ci ho messo sei anni a uscirne. Mi sono ricostruito pezzo a pezzo».

Ultimo aggiornamento: 1 Gennaio, 12:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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