Sangiovanni, lo sfogo di Ghemon: «Abbiamo bisogno di un altro Tenco, non del suo tragico finale»

Il rapper avellinese: «Nessuno parla per paura di ritorsioni, per non passare come quelli frustrati che non hanno un pezzo della torta. A me va bene passare per qualsiasi cosa, tranne che per quello che non ha parlato quando era il momento»

Domenica 18 Febbraio 2024
Ghemon dopo il caso Sangiovanni: «Abbiamo bisogno dei dischi di un altro Tenco, non del suo tragico finale»

Il momentaneo ritiro dalle scene di Sangiovanni ha scoperchiato il vaso di Pandora. Gli spietati meccanismi dell'industria musicale erano già noti ai più, ma forse mai come stavolta si sta riflettendo sugli effetti che questi possono avere sulla salute mentale dei giovani musicisti. A tal proposito ha deciso di dire la sua il rapper Ghemon, che sui social ha pubblicato un lungo post in cui, senza paura, affronta di petto una tematica sempre troppo scomoda per gli artisti: «Nessuno parla per paura di ritorsioni, per non passare come quelli frustrati che non hanno un pezzo della torta o peggio ancora a venire esclusi.

Ho sempre preferito sorvolare o incassare con stile. Ho molto rimandato, pensando a come sarei passato se avessi scritto una cosa così. Mi va bene passare per qualsiasi cosa tranne che per quello che non ha parlato quando era il momento».

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Ghemon dopo il caso Sangiovanni

L'affermazione di Ghemon, al secolo Giovanni Luca Picariello, è molto forte: «Abbiamo bisogno dei dischi di un altro Tenco, non del suo tragico finale. Lo dico perché magari potevo essere io se non avessi tenuto botta».

Ghemon snocciola il suo pensiero: «L'industria musicale attuale promuove un modo di pensare ed agire inquinato dal culto dei numeri e dei sold out che sta determinando più danni di quelli che il pubblico può vedere. Risultati che nascondono un mondo di bugie e false aspettative in cui, purtroppo a rimetterci, sono un sacco di ragazzi».

«Sistematiche sono pratiche e frasi volte a smontare, se non a distruggere, l'autostima dell'artista per poterlo ridurre a materia senza certezze e perciò più plasmabile. Spesso si tratta di ragazzi giovanissimi che non sono strutturati per tenere botta a certi colpi. Secondo la società delle performance, l'unico modo per resistere e stare al gioco è indossare l'abito che è stato scelto per tutti, perché quello funziona già. Ed ecco che sacrifichi la tua identità: l'uniformità rassicura il cliente ed il conto economico».

«Molti pensano di poter essere recezione in quel mondo ma l'eccezione non esiste». È una situazione pronta ad esplodere: «Tanti sono emotivamente a pezzi. Se non fai quei numeri, non "hai fallito", ma "sei fallito". Per loro è lavoro ed a fine giornata finisce. Per te è la vita e viene a dormire con te. Ti fanno pensare che è finito tutto lì e tu non sai che puoi perseguire il tuo successo in mille altri modi che non è andare a Sanremo con il disco zeppo di featuring a tavolino o entrare nella playlist editoriale. Le vie sono mille altre ma non sono spianate. Piuttosto che piangere perché quel grembiulino non ti sta, a un certo punto impari a cucirti un vestito da solo».

«Ho sempre difeso la mia creatività prendendone i meriti e pagandone anche molte conseguenze. Da diverso tempo sono totalmente indipendente. Significa che non ho manager, etichetta, editore». Il messaggio ai giovani artisti è forte e chiaro: «Verranno i capelli bianchi, la pancia ed i reumatismi. I numeri saranno un lontano ricordo. Rimarrà quanto sei riuscito a restare te stesso attraverso i cambiamenti e non quanto ti sei adattato a quel sistema. Stammi a sentire: mandali a quel paese».

Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 12:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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