Gianluca Amadori
SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE di
Gianluca Amadori

Pagelle ai magistrati, valutazione doverosa ma con qualche rischio

Domenica 6 Novembre 2022

La riforma Cartabia sulla giustizia ha introdotto nuovi e più stringenti criteri di valutazione del lavoro dei magistrati. Un intervento per certi versi positivo, in quanto è doveroso sottoporre ad un controllo l'attività di giudici e pm per verificarne la qualità ma anche ai fini della possibilità di progressione di carriera ed eventualmente di ricoprire incarichi direttivi. Scelta, quest'ultima, in passato spesso effettuata più per l'appartenenza ad una determinata corrente che non per le effettive qualità del candidato all'incarico direttivo, come ha mostrato lo scandalo Palamara.

L'impatto di tale novità dovrebbe però essere vagliato con estrema attenzione e cautela, in quanto questi nuovi criteri di valutazione potrebbero avere effetti concreti sulle decisioni di merito (proseguire o meno un'indagine, assolvere o condannare) e dunque provocare danni al sistema giustizia e, di conseguenza, ai cittadini.

La riforma dell’ordinamento giudiziario (la cui entrata in vigore è stata rinviata al prossimo 30 dicembre) vincola la valutazione positiva del magistrato alla percentuale di accoglimento dei provvedimenti da lui emessi. Misura in linea di principio condivisibile, ma con qualche problema nella sua applicazione pratica. Non sempre, infatti, un'assoluzione pronunciata a conclusione di un dibattimento significa un errore del pm. L'inquirente ha a disposizione un numero di elementi meno ampia (e soprattutto più parziale) per valutare i fatti e chiedere un rinvio a giudizio rispetto di quelli che il giudice racoglie nel corso di un processo. E quando le sentenze vengono riformate in appello o annullate dalla Cassazione, ciò non sempre accade a causa di errori commessi dal primo giudice, ma perché nel frattempo sono stati acquisiti nuovi elementi (non emersi nel processi di primo grado) oppure la legge è stata modificata oppure è scattata la prescrizione. La valutazione della correttezza del primo provvedimento dovrà essere dunque fatta con attenzione, non essendo sufficiente l'assoluzione dopo una richiesta di rinvio a giudizio, o la condanna dopo una richiesta di archiviazione per provocare in automatico un voto negativo al magistrato.

Il rischio di una brutta pagella potrebbe far scegliere al pm o al giudice la strada meno "pericolosa", condizionando in qualche modo la sua scelta. Assolvere un imputato, ad esempio, riduce per un giudice la possibilità di vedersi dar torto nei gradi successivi: le procure, infatti, non hanno le risorse sufficienti per poter impugnare tutte le sentenze che danno torto alla pubblica accusa, mentre le difese presentano appello nella quasi totalità dei casi, confidando se non in un'assoluzione, quantomeno nella prescrizione di tutti o di una parte dei reati, con riduzione della pena. Fantagiustizia? Può essere.

Sicuramente la maggior parte dei magistrati sono preparati e coscienziosi e non si faranno condizionare dal rischio del brutto voto, continuando a decidere esclusivamente secondo i principi di giustizia. Ma il rischio c'è e non può essere sottovalutato: i due mesi di rinvio concessi prima dell'entrata in vigore della nuova normativa potrebbero servire per mettere a punto qualche correttivo anche su questo aspetto della riforma.

Ultimo aggiornamento: 18:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA